Marco Riccòmini
Il Maestro della tela jeans
«Studiavo Economia e Commercio, ed è stato per caso o, meglio, per la forza del destino che ho fatto quel che ho fatto. E se cerca un “colpevole” questo è Bruno Scardeoni. Era il 1983 e avevo tra le mani un dipinto con una Madonna col Bambino prossimo ad Andrea del Sarto che avevo acquistato coi miei risparmi. Bruno mi consigliò di mostrarlo a Piero Corsini, che in quei giorni esponeva a Palazzo Corsini. Intimorito, lo portai a Firenze ma Piero, facendomi notare come una mano non “girava” bene, lo rifiutò, suggerendomi di lasciarlo in conto vendita presso un amico. E così feci, ma quella sera stessa passò [Luciano] Berti davanti alla sua vetrina e lo notificò. Seppi dopo che si trattava di un’opera perduta di Carlo Portelli già a Pitti». Così si accese una spia nella testa di Corsini, che divenne una lampadina quando seppe del Martinelli acquistato dal Bigongiari da un tal Canesso. E volle Maurizio con sé a New York. «Non resistetti, mi piaceva Parigi, e lo convinsi a farmi tornare in Europa». Poi le cose cominciarono a girare e nel 1988 si mette in proprio dapprima lavorando da casa, poi aprendo uno studio all’étage, quindi una galleria in rue Laffitte tra le più chic di tutta Parigi. Cui segue l’apertura prima d’uno spazio a Lugano, quindi a Milano, con l’iscrizione all’AAI. Le tracce della sua attività sono ovunque, spesso marcate dai raffinati cataloghi e scegliere una sola delle scoperte che lo hanno più emozionato non è semplice. «Però, visti i miei natali varesini, direi quel Tanzio da Varallo che scopersi in un albergo di Ascona, oggi al Louvre». Non so se mi spiego.