vita d'antiquari

Leonardo Piccinini

Bruno Botticelli

Scultura che passione

Il compianto Philippe Daverio amava ripetere, tra il serio e il faceto, che l’Italia è come uno straordinario formaggio a strati, in cui i secoli e gli stili si confondono, sovrapposti, in attesa che qualcuno li sappia distinguere e decifrare. Con questo pensiero mi aggiro guidato da Bruno Botticelli nella galleria di famiglia (insieme alla sorella Eleonora), un dedalo di colonne, mensole, architravi, persino testimonianze di archeologia industriale. Siamo nella fiorentina via Maggio, dove le gallerie antiquarie fanno a gara con i ricordi di chi abitò gli splendidi palazzi, da Bianca Cappello a Elizabeth Barrett Browning, da Bernardo Buontalenti a Giovan Battista Foggini. Bruno attirò la mia attenzione fin da quando, non ricordo più a quale fiera, concepì uno stand di cassoni rinascimentali sovrapposti, evocando mondi perduti e contesti mitici. La selva di santi, condottieri e nobili personaggi scolpiti che sembra osservarci denuncia la sua predilezione. “Mi diverto da trent’anni a fare l’antiquario. Attraverso l’amore per la scultura mi sono potuto avvicinare a grandi capolavori, ho potuto contribuire a ricostruire contesti. Una bella soddisfazione è stata ad esempio l’acquisizione dei pilastri del monumento a San Giovanni Gualberto di Benedetto da Rovezzano, finiti nella collezione Liechtenstein e oggi al Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto. Benedetto fu un virtuoso della decorazione, forse si tratta del più importante monumento a Firenze nel primo ‘500”. “Il mio lavoro è più divertente…dei miei hobby” ammette candidamente. E la magia di quest’atmosfera senza tempo è la più bella delle conferme.