vita d'antiquari

Marco Riccòmini

Enrico Frascione

Cresciuto tra le tele

Bastano tre generazioni per perdere l’accento napoletano? Direi di no. Perché sentendo parlare Enrico, non lo si direbbe proprio antiquario ‘fiorentino’, nonostante il padre abbia trasferito l’attività di famiglia a Firenze già negli anni Quaranta del secolo scorso.

Se la bottega è di eredità paterna, la passione per l’arte e il nome di battesimo derivano invece dal nonno, che nella seconda metà dell’Ottocento commerciava in dipinti antichi tra Napoli e Londra. Cresciuto dunque tra le tele, con particolare predilezione per quelle rinascimentali e barocche, Enrico ha poi sviluppato gli affari nel campo dei disegni antichi, coltivando un interesse collezionistico per le pagine miniate dal XII al XV secolo (conoscete forse un antiquario che non abbia la sua piccola o grande raccolta privata?). Però è tra i quadri che ha raccolto le sue più grandi soddisfazioni.

A chi – mi domando – non piacerebbe staccare dal chiodo di una casa o pescare sulla bancarella d’un mercatino un piccolo ritratto di fanciullo che, una volta pulito e restaurato, viene riconosciuto dal curatore del Metropolitan Museum of Art di New York come un autentico Sandro Botticelli (sì, proprio quello della Primavera)? Oppure, scovare in America una Madonna col Bambino di Piero di Cosimo, dimenticata dalla critica; o ancora riconoscere in una sperduta asta in Danimarca un originale di Pietro da Cortona, poi esposto in tutte le mostre del maestro?

Direte che, oltre all’occhio, occorre anche un pizzico di fortuna. Vero. E, difatti, Enrico, da buon napoletano, cerca di ingraziarsi la sorte come può. Come? Beh, chiedetelo a lui. A me han detto che gira con un corno rosso di Vietri in tasca dei pantaloni.