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di Anna Orlando

Late Rembrandt

Il Rijksmuseum di Amsterdam presenta la prima grandiosa rassegna delle opere dell’ultimo Rembrandt van Rijn.

Lunghe code e sale affollate tutti i giorni per la grande mostra Late Rembrandt  che dopo l’appuntamento londinese alla National Gallery è approdata al Rijksmuseum dal 12 febbraio (tutti i giorni dalle 9 alle 17 fino al 17 maggio).
Il grande maestro del secolo d’oro della pittura olandese è tornato a casa, e il secondo appuntamento non è importante solo per le aggiunte nella nuova sede – non erano a Londra Il ritratto di famiglia del Herzog Anton Ulrich-Museum di Braunschweig, il Ritratto di Jan Six della Collezione Six di Amsterdam, l’Autoritratto come Zeusi del Wallraf-Richartz Museum di Colonia e Giacobbe e l’angelo della Gemäldegalerie di Berlino – , ma anche perché a pochi passi dalle sale dedicate alla mostra è possibile andare ad ammirare il suo capolavoro assoluto, La Ronda di notte, inamovibile dalla parete dove è collocato al Rijksmuseum.

E in più, facendo una passeggiata verso il centro, si può anche andare a visitare la casa dell’artista, il Rembrandthuis, che per l’occasione ha allestito la mostra che illustra, con una sessantina di opere su carta e venti dipinti, il rapporto tra il maestro e i suoi emuli più diretti (Gli ultimi allievi di Rembrandt. Apprendisti di un genio ; info www.rembrandthuis.nl). Nel piccolo edificio su più piani, il visitatore che si arrampica nelle scalette che collegano l’uno all’altro, avrà modo di percepire, turisti permettendo, l’atmosfera di una fucina di idee, arte e commercio, come quella in cui Rembrandt viveva. Una stanzetta era destinata agli ospiti, o meglio a chi si sperava fosse un compratore. Aveva una piccola alcova, ben imbottita per proteggere dal freddo l’ospite, che con il lume di una candela, in tutta calma, poteva ammirare i quadri che l’artista gli proponeva, con i quali gli era concesso di trascorrere la notte.

Vale la pena di fare uno sforzo d’immaginazione per pensare come dovevano apparire le opere di Rembrandt alla luce fioca di una candela, invece che con l’illuminazione moderna con cui si perde forse quel riverbero continuo, quel vibrare del colore nella luce, quel tremolio di una pennellata che nella piena pasta del colore sa ancora emozionare.
Folle permettendo, il rapporto diretto con l’entusiasmante sequenza proposta dalla mostra del Rijksmuseum non può prescindere dalla percezione della fisicità di quei quadri. Gli spessori, i grumi di colore nell’arte dell’ultimo Rembdrandt, va vista del vero.
S’inizia con gli autoritratti del sesto e settimo decennio, scelti tra gli oltre 80 che il pittore realizzò con un’ossessiva indagine su se stesso. Dentro se stesso. Attraverso la luce e il colore. E poi, con gli stessi mezzi, come pochi altri, Rembrandt scandaglia la realtà dell’uomo, al di là delle convenzioni, senza fronzoli nè abbellimenti.

La selezione di quaranta quadri, 20 disegni e 30 incisioni è curata da Gregor J.M. Weber e Jonathan Bikker, rispettivamente responsabile per le arti figurative e ricercatore del Rijksmuseum, e va goduta come un viaggio nella fierezza pura della pittura.