notizia

Francesca Mambelli

L’arte di vendere l’arte.

Una mostra presso la Fondazione Federico Zeri celebra esordi e fasti della Galleria Sangiorgi, attiva a Roma tra XIX e XX secolo

Che la Galleria Sangiorgi sia stata una delle più importanti realtà antiquarie d’Europa a cavallo tra Otto e Novecento è un assunto ormai acquisito dalla critica e un fatto noto a chiunque sia interessato alla storia del mercato dell’arte.
Aperta nel 1892 al piano terra di Palazzo Borghese, appena lasciato libero dal trasferimento della collezione nella Villa fuori Porta Pinciana, nel giro di pochissimi anni seppe imporsi non solo come luogo di transito di migliaia di opere, poi confluite nelle più prestigiose collezioni del mondo, ma anche come tappa obbligata nelle visite di turisti italiani e stranieri alla capitale, al pari dei più famosi musei e monumenti della città eterna.


"Aperta nel 1892 al piano terra di Palazzo Borghese, appena lasciato libero dal trasferimento della collezione nella Villa fuori Porta Pinciana, nel giro di pochissimi anni seppe imporsi non solo come luogo di transito di migliaia di opere..."


Una mostra aperta fino al 31 gennaio 2024 presso la Fondazione Zeri (“Il più grande centro commerciale di oggetti d’arte. La Galleria Sangiorgi nei materiali Zeri e Mancini, a cura di Francesca Candi e di chi scrive) mira a rievocare la storia della Galleria, a partire dal ricco materiale documentario confluito nelle sue collezioni. Ripetutamente nel corso dei passaggi di proprietà, e poi alla chiusura definitiva nel 1970, l’archivio della ditta fu parzialmente smembrato. Circa 3.600 fotografie, 26 cataloghi d’asta e 345 disegni confluirono all’interno delle raccolte di Federico Zeri, probabilmente attraverso il cugino Alessandro che ne era stato a lungo dipendente. A queste testimonianze si uniscono quelle donate all’istituzione bolognese da Claudio Maria Mancini, a sua volta parente di Sisto Mancini che guidò l’amministrazione per vari decenni: immagini, libri ed elaborati grafici che, opportunamente selezionati, contribuiscono a chiarire passaggi e aspetti di tale attività, a partire dalla figura del suo fondatore, Giuseppe Sangiorgi (Massa Lombarda, 1850 – Roma, 1928).

A questo geniale commerciante, un parvenu rispetto al tradizionale ambiente antiquariale romano, è dedicato l’avvio del percorso espositivo. Volumi usciti a sua firma, tra cui l’autobiografia stesa nel 1924, fotografie della famiglia e del folto gruppo di dipendenti, nonché materiali pubblicitari, sapientemente prodotti con l’aiuto di illustratori di grido, aiutano ad indagare le ragioni di un successo che fu immediato e incredibilmente rapido. Nel giro di pochissimi anni, infatti, la Galleria arrivò a centuplicare il suo fatturato, passando dalle 40.000 lire della stagione di apertura agli oltre 4 milioni nell’annata 1919-1920.  


"[...] Sangiorgi capì infatti che la strategia per ottenere i massimi guadagni non risiedeva nella compravendita di singoli capolavori, quanto nella possibilità di trattare intere collezioni, all’interno delle quali acquirenti con differenti possibilità economiche potevano trovare oggetti di buona fattura, di ogni stile, epoca e prezzo.


L’impresa si specializzò inizialmente nelle vendite all’asta, organizzate a Roma o nelle dimore che ospitavano le raccolte, spesso poste all’incanto nella loro integrità. Sfruttando gli spiragli lasciati aperti da una legislazione sulla tutela che si stava facendo via via più restrittiva, Sangiorgi capì infatti che la strategia per ottenere i massimi guadagni non risiedeva nella compravendita di singoli capolavori (all’epoca, fra l’altro, o già musealizzati o attenzionati da parte dello Stato), quanto nella possibilità di trattare intere collezioni, all’interno delle quali acquirenti con differenti possibilità economiche potevano trovare oggetti di buona fattura, di ogni stile, epoca e prezzo.
Nelle bacheche sono inseriti alcuni dei preziosi cataloghi, spesso a firma di famosi esperti e storici dell’arte e con raffinati apparati illustrativi, con i quali la Galleria rendeva noti i contenuti delle sue vendite. Tra questi, quelli delle aste Govone, Centurione, Pallavicino Grimaldi, Nevin, nonché il catalogo della vendita delle raccolte di Gioacchino Ferroni, oggetto di uno specifico approfondimento. Per produrre i volumi, e in generale in tutti i settori della sua attività, Giuseppe Sangiorgi faceva un ampio uso delle fotografie.


"Le fotografie servivano non solo per organizzare le vendite, per annotare sul retro prezzi e altre informazioni sui lotti, o per tenere traccia degli oggetti commercializzati; esse divennero strumenti indispensabili per il funzionamento di una specifica branca della Galleria..."


Uno degli obiettivi dell’esposizione è quello di mostrare, a partire dalle testimonianze conservate in Fondazione, il ruolo fondamentale del mezzo fotografico all’interno delle pratiche antiquariali dell’epoca. I documenti visivi sono presentati non solo come immagini, ma come veri e propri oggetti in grado di raccontare, con le loro caratteristiche tecniche - il tipo di stampa o di ritocchi, i cartoncini di montaggio, i segni che recano su recto e verso - i meccanismi del mercato di cui furono protagonisti e agenti.
Le fotografie servivano non solo per organizzare le vendite, per annotare sul retro prezzi e altre informazioni sui lotti, o per tenere traccia degli oggetti commercializzati; esse divennero strumenti indispensabili per il funzionamento di una specifica branca della Galleria, a cui è dedicata la seconda sezione della mostra. Nel 1898, infatti, Giuseppe, nel tentativo di allargare ulteriormente il suo bacino di utenza e di soddisfare le esigenze di nuove categorie di pubblico, aprì nei locali prospicienti a Palazzo Borghese un insieme di laboratori finalizzati alla produzione di copie d’apres e di oggetti di artigianato artistico. Al suo interno mise a lavorare un gruppo di giovani talentuosi - tra i quali Patrizio Fracassi, Cipriano Efisio Oppo, Alberto Bianchi, Domenico Baccarini - coordinati da un pittore e restauratore suo conterraneo, il romagnolo Oreste Marozzi (Massa Lombarda, 1874 - Bologna, 1947).


"Qui le fotografie, unitamente ai disegni, diventavano elementi essenziali all’interno del processo creativo, fornendo modelli, facendo circolare i prototipi e permettendo il moltiplicarsi delle riproduzioni che comprendevano decine di categorie di oggetti, dai mobili ai tessuti, dai vetri ai gruppi scultorei."


Qui le fotografie, unitamente ai disegni, diventavano elementi essenziali all’interno del processo creativo, fornendo modelli, facendo circolare i prototipi e permettendo il moltiplicarsi delle riproduzioni che comprendevano decine di categorie di oggetti, dai mobili ai tessuti, dai vetri ai gruppi scultorei. I materiali esposti testimoniano alcune delle numerose linee di produzione che uscivano dalla Galleria: i “marmi da giardino” (fontane, fioriere, vasi, meridiane, erme…), i busti baroccheggianti, gli oggetti in stile neoromanico, le sculture ottocentesche, i mobili policromati ‘in stile Botticelli’. Infine, i ‘calcinacci’, finti frammenti di affreschi in stile tardo quattrocentesco che Federico Zeri ritrovò decenni dopo in musei e collezioni europee e che mise al centro di alcuni dei suoi più brillanti contributi dedicati al tema della falsificazione nell’arte.

La varietà dei materiali prodotti e offerti ai clienti si rileva anche nelle gigantografie inserite nell’allestimento che riproducono alcune sale del palazzo e mirano a rievocarne le raffinate atmosfere. I pezzi esposti, accuratamente posizionati da Giuseppe e dai successivi titolari, creano un interessante dialogo con il ricco apparato decorativo originario. La qualità esecutiva e la preziosità dei materiali rendono quasi impossibile capire se si tratti di originali, copie, falsi o ‘nuovi originali’ in stile.

È proprio nelle zone d’ombra esistenti tra queste differenti categorie, unitamente all’importante ruolo svolto nella diffusione del gusto ‘all’italiana’ in tutto il mondo, che si situa gran parte del fascino che l’attività della Galleria Sangiorgi è ancora in grado di esercitare e che la mostra vorrebbe trasmettere ai visitatori, siano essi specialisti, studenti o semplici appassionati d’arte.

                                              


Per approfondire

Claudio Maria Mancini, Giuseppe Sangiorgi, antiquario e filantropo, «L'Urbe», LIX, 1999, 4, pp. 109-122

Deborah Loiacono, Gli arredi ‘in stile’ della Galleria Sangiorgi di Roma e qualche appunto su Umberto Giunti alias Falsario in Calcinaccio, «Valori tattili», 0, 2011, pp. 104-116

Francesca Candi, Fotografie di archeologia dal fondo Sangiorgi, in I colori del bianco e nero, a cura di A. Bacchi et al., Bologna 2014, pp. 99-106

P. Coen, Il recupero del Rinascimento: arte, politica e mercato nei primi decenni di Roma capitale (1870-1911), Cinisello Balsamo 2020

Francesca Mambelli, «À reproduire». Production, reproduction and the art market in the Sangiorgi materials of the Federico Zeri Foundation, «Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz» XLII, 2020, 1, pp. 11-41

Julia Bärnighausen, Bureaucratic hybrids. Photographs from the Galleria Sangiorgi in Rome at the Kunsthistorisches Institut in Florenz, «Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz», XLII, 2020, 1, pp. 42-67

Maria Vittoria Cardi, Anita e Giuseppe Sangiorgi. Intorno alla scuola di arazzi e ricami e alla Galleria antiquaria. Storie di imprenditoria e cultura delle arti 1893-1929, Bologna 2020

Francesca Mambelli, "Il più grande centro commerciale di oggetti d’arte": la galleria Sangiorgi tra strategie di marketing e artigianato artistico, in Capitale e crocevia. Il mercato dell’arte nella Roma sabauda, a cura di Andrea Bacchi, Giovanna Capitelli, Bologna 2020, pp. 185-227