Marco Riccòmini
«Avvicinati e comincia, Non è una lezione».
«Pulvis es, et in pulverem reverteris» ripete sorridendo, citando le antiche scritture (Genesi 3,19): ossia tutto tornerà polvere. Girando lo sguardo in mostra al Mart Rovereto, o sfogliandone il catalogo, pieno d’immagini ma privo di schede (così da risparmiarci un pessimo lessico, non me ne vogliano i mancati autori), si capisce che ha ragione. Noi passeremo e loro rimarranno. Loro sono i quadri, le opere, che guadagneranno altre pareti ed altre stanze e così fino alla fine del tempo. Lui, Gian Enzo Sperone, che della contemporaneità è stato osservatore e istigatore, le ha raccolte come chi, non conoscendo bene la propria identità, andasse alla ricerca di altri personaggi, altre vite, altre vesti da indossare. Liberatosi finalmente dal complesso di colpa nei riguardi degli artisti che lo hanno reso famoso, a questo punto della vita, indossa i panni de L’uomo senza qualità (Der Mann ohne Eigenschaften) come il personaggio di Musil che, assieme a Walt Whitman, è stata la sua lettura di formazione. E col poeta statunitense sembra chiedersi: «Who learns my lesson complete? Boss, journeyman and apprentice? The stupid and the wise thinker, parents and offspring, merchant, clerk, porter and customer, editor, author, artist, and schoolboy? Draw nigh and commence, It is no lesson» (Chi impara la mia lezione completa? Boss, operaio e apprendista? Il pensatore stupido e quello saggio, genitori e figli, commerciante, impiegato, portiere e cliente, editore, autore, artista e scolaretto? Avvicinati e comincia, Non è una lezione). Eppure, aprendo gli occhi ed il cuore, ci sarebbe da imparare.
L’uomo senza qualità. Gian Enzo Sperone collezionista (da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Denis Isaia con Tania Pistone; Mart Rovereto, fino al 3 marzo 2024).