Marco Riccòmini
Dentro un vaso di porcellana c’era rinchiusa una bella cinesina, che danzava la danza americana, col capitano della marina
«Dentro un vaso di porcellana – recita la filastrocca – c’era rinchiusa una bella cinesina, che danzava la danza americana, col capitano della marina». Figurine che vedrei bene dipinte da Gio Ponti attorno alla pancia d’un vaso Ginori, come le Ciste realizzate per i coniugi Ojetti. E questa è solo la fine d’una storia che comincia a Doccia due secoli prima. Quella dell’ “oro bianco”, com’era detta per la sua preziosità la porcellana (che, a sua volta, prende il nome da una conchiglia dei mari orientali), “estratto” a partire dal Settecento in Toscana. E che, cominciando con la traduzione in pasta bianca dei capolavori in marmo o in bronzo del passato, come la Venere de’Medici, il Laocoonte o l’Ercole che regge il globo di Ferdinando Tacca, giunge fino a Ponti, passando nel mezzo anche per il servizio da tavola per Ismāʿīl Pascià, detto il Magnifico, Chedivè d’Egitto, creato attorno al 1872 da disegni di Gaetano Lodi in stile neo-egizio (e di cui vorremmo anche solo una tazzina). Siccome gli oggetti son fragili e mancano i cordoni attorno alle opere, bisognerà cercare di non ripetere l’incidente occorso a Julien Sorel che, «quando Mme de La Mole gli chiese un opuscolo [...], prendendolo da una consolle, fece cadere un vecchio vaso di porcellana blu [...]. Mme de La Mole s’alzò, lanciando un grido di angoscia, e corse a guardare da vicino i cocci del suo amato vaso. Era vieux japon, disse, me lo lasciò la mia prozia, la badessa di Chelles; era un regalo degli olandesi al duca d’Orléans che lo aveva donato a sua figlia...» (Stendhal, Le rouge et le noir: chronique du XIX siècle).
Oro bianco. Tre secoli di porcellane Ginori, Milano, Museo Poldi Pezzoli (fino al 19 febbraio 2024), a cura di Federica Manoli, Oliva Rucellai e Rita Balleri (catalogo Skira Editore).