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Antonio Pepe

I 5 sensi del collezionista

Le nuove profumazioni dell’arte sacra, che puzza di vecchio

Si sente spesso dire che non si gusta un piatto solo con la bocca ma anche con gli occhi, verissimo! C’è però una variante che varrebbe la pena coniare: “non si compra un’opera d’arte solo con gli occhi ma anche col naso”. Mettendo da parte la vista, pochi galleristi sembrano chiedersi quali sono i rituali che il collezionista adopera prima di lanciarsi in un acquisto. Partiamo dal più banale, c’è chi compra con le orecchie. Già li conosciamo quelli in cerca solo dei nomi roboanti, che fanno bene eco nei salotti, la qualità del pezzo non conta granché. La loro vita nel mercato durerà poco, è un metodo semplice quanto fatale. Poi ci sono i feticisti della materia, chiamiamoli “collezionisti tattili”. Se uno di questi entra con voi in un museo mettete i tappi alle orecchie, l’allarme di prossimità suonerà spesso. Nelle gallerie d’antiquariato, al contrario, saranno come nel paese dei balocchi. Più intriganti quelli che comprano col naso, ma sempre ad occhi aperti. Sono convinto che ogni opera d’arte emani un odore proprio, questo può spingere il potenziale acquirente a scappare via col naso tappato o rimanere, per inebriarsi di buone effusioni. Uno degli effetti delle “mode nasali” è il drastico calo di interesse, a cui tutti assistiamo, per l’arte con soggetti religiosi. Mi dicono, giustamente, che puzzano ancora di incenso e mirra e pochi oggi sono in grado di apprezzarli dentro casa. Il problema maggiore è che noi ci abbiamo fatto l’abitudine, chi ama l’antico è già sceso al compromesso, per tutti gli altri il fetore del sacro persiste. Personalmente, vedo due strade risolutive. In prima battuta, investire nella cultura, per reinsegnare ad apprezzare le essenze del passato. In alternativa, aprire le finestre per il ricircolo dell’aria. Ogni antiquario può creare nuove fragranze nella propria galleria, è un gioco di abbinamenti. Noi nell’attesa apriamo gli occhi e, prima ancora, le narici.