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Marco Riccòmini

Animalia

A ritrarre gli animali, con penne, matite e gessetti, dentro le gabbia d’un foglio di carta sono alcuni tra gli artisti più celebri di quei quattro secoli

Quarantaquattro erano i gatti, quelli che in fila per sei col resto di due, si unirono compatti, coi baffi allineati e le code attorcigliate, della celebre canzoncina vincitrice della decima edizione dello Zecchino d’Oro (1968). Se la matematica non è un’opinione, sei per sette fa ancora quarantadue e più due fa quarantaquattro, come cantava la piccola Barbara Ferigo. Nel caso, però, di Animalia. Disegni su carta dal XVIII al XXI secolo, la mostra presso la Galleria Paolo Antonacci (fino al 28 giugno; catalogo a cura di Paolo Antonacci e Lorenzo Bocci), bisognerebbe contare fino a 55. Tanti, infatti, sono gli animali (e non soltanto i domestici felini), radunati nel paper ménagerie (serraglio di carta) allestito a Roma. Più che zoo, si direbbe, anzi, Arca di Noè, perché, sebbene non sempre in coppia, la varietà raccolta è assai ampia. Si contano esemplari di struzzi e galline, in compagnia d’un tacchino e d’un antilope. Che stanno, guardinghi, a poche pagine di distanza dai loro predatori naturali, ossia la volpe e il lupo, o il ghepardo e la pantera. A ritrarli, con penne, matite e gessetti, dentro le gabbia d’un foglio di carta sono alcuni tra gli artisti più celebri di quei quattro secoli, dall’animalista Jean-Baptiste Oudry (Parigi, 1686 – Beauvais, 1755), pittore ufficiale delle «cacce reali» di Luigi XV, al sognante Domenico Gnoli (Roma, 1933 – New York, 1970), e oltre. Capricci e fantasie per grandi (e piccini) senz’altro “guinzaglio” tra loro che quello suggerito dal titolo che, tradotto dal latino, significa “Animali”, e il supporto sul quale sono raffigurati: la carta.