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Simone Facchinetti

Il mondo dei falsi 1. Affezionarsi al bidone?

Tutti ci siamo cascati ed è anche grazie agli errori che si migliora. In genere quando uno acquista un falso non vede l’ora di sbarazzarsene. È un desiderio piuttosto logico e naturale, ma non per tutti.

Alzi la mano chi non è mai inciampato in un falso? Una scultura, un dipinto, un’oreficeria, un mobile, un disegno, una cornice, una ceramica o una banconota. Tutti ci siamo cascati ed è anche grazie agli errori che si migliora. In genere quando uno acquista un falso non vede l’ora di sbarazzarsene. È un desiderio piuttosto logico e naturale, ma non per tutti. Alcuni si affezionano e preferiscono tenerselo. Anch’io da qualche parte devo averne almeno un paio: una terracotta di Gemito (falsa, compresa la firma) e un disegno – identico ma più brutto – a un esemplare che sta al Castello Sforzesco, già posseduto da Giovanni Morelli (1816-1891). Anche il più celebre conoscitore dell’Ottocento aveva iniziato la carriera con un falso. Il primo acquisto di un’opera d’arte, avvenuto nel 1856, era coinciso con un falso Leonardo, raffigurante una donna di profilo. Che fosse troppo bello per essere vero se ne sarebbe accorto anche Morelli, presto o tardi. Fatto sta che non se ne sarebbe più liberato, conservandolo in camera da letto, in splendido isolamento. Dal letto poteva contemplarlo e ripensare all’errore che aveva commesso. Chissà quante volte sarà idealmente tornato sul luogo del delitto, dato che l’avrebbe tenuto con sé fino alla morte.

Morelli ha molto indagato, nei suoi saggi, l’argomento dei falsi. Una delle riflessioni più lucide sull’argomento è questa: “Quanto più il copista, negli occhi del quale si rispecchia il quadro originale, s’avvicina al nostro tempo, cioè al nostro gusto e alla nostra maniera di sentire, tanto più ci piacerà la sua copia”.