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Marco Riccòmini

IL TROVATORE

Con l'uscita di scena di Igino Consigli, in silenzio e senza clamore, com’era nel suo stile, cala il sipario sulla città tagliata in due dal torrente che porta il suo nome.

«Meglio un aiuto che cinquanta consigli», recita il proverbio. Anche se uno solo, alle volte, può fare la differenza. E a Parma la differenza la faceva Igino Consigli. Con la sua uscita di scena, in silenzio e senza clamore, com’era nel suo stile, cala il sipario sulla città tagliata in due dal torrente che porta il suo nome. Nessun applauso dal loggione del Regio, da tempo deserto. Se la vita è una recita, la sua è stata un dramma in quattro atti e otto quadri, ambientato non in Biscaglia né in Aragona bensì nella Bassa Padana.


"La vita del ‘Trovatore’, non quella del Manrico spagnolo ma dell’antiquario amico di Federico Zeri che scova le cose, ha attraversato il tempo in cui Parma alzava la testa."


La vita del ‘Trovatore’, non quella del Manrico spagnolo ma dell’antiquario amico di Federico Zeri che scova le cose, ha attraversato il tempo in cui Parma alzava la testa. Erano gli anni di Barilla, di Antonio Marchi col palazzo in via della Repubblica (e l’incantevole casa foderata di libri), del giovane Franco Maria Ricci, che stampava Borges e si faceva fotografare da Ugo Mulas accanto alla sua Jaguar E Type sull’acciottolato di piazza del Duomo, e anche quella di Tanzi, che poi sappiamo com’è andata. A dar consigli non c’era solo Consigli; c’era anche Giovanni Godi e l’occhio, egualmente sottile, di Bruno Zoni (1912–1986), i cui paesaggi quasi informali gareggiavano con le opere di un altro estro locale, Carlo Mattioli (1911–1994). L’ultimo palcoscenico fu quello del Gotha; poi, lentamente, i riflettori si spensero. Tacea la notte placida, e bella in ciel sereno, la luna il viso argenteo, mostrava lieto e pieno... quando suonar per l’aere... dolci s’udiro e flebili, gli accordi di un liuto, e versi melanconici, un Trovator cantò.