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Leonardo Piccinini

Un patrimonio da recuperare

Per oltre cinquant’anni i 19 libri erano stati conservati prima all’archivio Siviero di Firenze, poi al ministero dell’Istruzione, prima di passare alla Direzione Generale archivi del Mibact.

Roma, 24 giugno. Nel giardino antistante il Tempio Maggiore della Capitale, una cerimonia di grande valore per tutti coloro che si impegnano nella tutela, di grande emozione per il ricordo dei tristi, violenti episodi ai danni della comunità ebraica. Prima del saccheggio nazista del ’43, mi piace citare il documentato brano di Alessandro Marzo Magno (Missione Grande Bellezza), “si calcola che la biblioteca della comunità contasse all’incirca 7mila volumi, provenienti da cinque sinagoghe e trenta confraternite del ghetto di Roma. Uno studioso, Isaia Sonne, che l’aveva esaminata nel 1934, aveva stabilito che conteneva un quarto della produzione dei Soncino, i più importanti stampatori ebrei tra Quattro e Cinquecento; il capostipite, Gershon, era originario della provincia di Cremona, poi la famiglia si trasferì a Salonicco e a Costantinopoli. Erano numerosi gli incunaboli, le cinquecentine, le edizioni ebraiche veneziane degli stampatori Bomberg, Bragadin e Giustiniani.


“La biblioteca della Comunità israelitica era il precipitato di duemila anni di storia, un prezioso retaggio che non solo raccontava la storia della comunità cittadina, ma parlava anche del cristianesimo dei primordi”


“La biblioteca della Comunità israelitica era il precipitato di duemila anni di storia, un prezioso retaggio che non solo raccontava la storia della comunità cittadina, ma parlava anche del cristianesimo dei primordi”, scrive Anders Rydell nel suo Ladri di libri. Lo scrittore americano Robert Katz ne aveva parlato in Sabato nero: “Vi erano le copie uniche di libri e manoscritti che risalivano a prima della nascita di Cristo, al tempo dei Cesari, degli imperatori e dei primi papi. C’erano miniature medievali, libri dei primi stampatori, e carte e documenti passati di mano in mano nel corso dei secoli”. Marzo Magno si spinge oltre, fa ipotesi: “una foto del 1991 mostra un uomo camminare in uno strettissimo corridoio tra due pareti di libri più alte di lui. Sono due milioni e mezzo di volumi affastellati nei sotterranei della chiesa di Kazan, nella tenuta di Uzkoe, a sudovest di Mosca. Si tratta dei libri che l’Armata Rossa aveva trovato stipati nelle miniere della Sassonia e che a loro volta i nazisti avevano saccheggiato in mezza Europa. Non si sa cosa ci sia là in mezzo, e probabilmente non si saprà per un bel pezzo. In ogni caso è assolutamente plausibile che tra le colonne di libri coperte di guano e mangiate dall’umidità, si trovino anche i 7000 della comunità ebraica romana”.


“Il protocollo firmato oggi è esteso a tutti i musei ebraici d’Italia, che sono in rete ed hanno un coordinamento. Insieme all’Arma continueremo a cercare i 7000 volumi, finchè non li troveremo”


Chissà. Quel che è certo è che con la cerimonia di Roma, con la firma di un Protocollo d’intesa tra il Comando tutela patrimonio culturale dell’Arma dei carabinieri e la Comunità ebraica romana, alla presenza del Comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, e dei più alti rappresentanti della Comunità, il Rabbino capo Di Segni e la presidente Ruth Dureghello, si apre una nuova pagina di collaborazione e di indagine. Nell’occasione sono stati restituiti 19 libri di varia natura, con ogni probabilità tutti riconducibili alla biblioteca del collegio rabbinico. Per oltre cinquant’anni erano stati conservati prima all’archivio Siviero di Firenze, poi al ministero dell’Istruzione, prima di passare alla Direzione Generale archivi del Mibact. Ad assistere alla cerimonia una rappresentanza dei vari musei ebraici italiani e tra gli altri anche Eike Schmidt, il direttore degli Uffizi, da tempo in prima linea sul fronte del recupero di opere d’arte. “Il protocollo firmato oggi è esteso a tutti i musei ebraici d’Italia, che sono in rete ed hanno un coordinamento. Insieme all’Arma continueremo a cercare i 7000 volumi, finchè non li troveremo”, ha dichiarato la “nostra” Alessandra Di Castro, Presidente della Fondazione Museo Ebraico di Roma.