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di Leonardo Piccinini

Gli Antiquari per Palazzo Venezia

Il recupero della Pietà Blumenstihl, olio su tavola di Giovanni Francesco Maineri, in occasione della IX Biennale Internazionale d'Antiquariato di Roma

Il rapporto ormai secolare dell’antiquariato italiano con l’infinito patrimonio storico artistico delle nostre città emerge in maniera del tutto evidente visitando due manifestazioni collaudate: la Biennale di Firenze e quella, in questi giorni in via di conclusione, ospitata a Roma presso le sale di Palazzo Venezia. Il contributo offerto dagli antiquari, sia personalmente che come Associazione, per l’avanzamento degli studi e per il recupero di opere d’arte ha ormai raggiunto dimensioni davvero imponenti, anche se spesso curiosamente sottovalutate, certo non solo per la discrezione, l’understatement che contraddistingue da sempre la categoria….
Se a Palazzo Corsini tutto racconta della gloria collezionistica di una grande famiglia di mecenati, la tutela del patrimonio nazionale e l’atipico, ambizioso museo che ne è il frutto sono sotto i riflettori in occasione della IX Biennale Internazionale d’Antiquariato di Roma (1-6 ottobre). La storia di Palazzo Venezia è una storia tutta italiana: cardinalizia, diplomatico veneziana e quindi franco-asburgica, reale (con gli sventramenti che ne mutarono la veste), fascista (le tragiche adunate), infine museale. Le foto del fondo Hermanin, ancora conservate presso l’Archivio Fotografico della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico di Roma, esposte in mostra, sono preziosa testimonianza della volontà di un colto soprintendente, Federico Hermanin di Reichenfeld, di dare alla capitale di inizio Novecento un museo in cui accanto a quadri e sculture avrebbero trovato posto anche opere d'arte cosiddette minori (ceramiche, bronzetti, vetri, avori, tessuti, armi, strumenti musicali) per mostrare quell'armoniosa unità delle arti che legava tra loro le opere dei grandi maestri e quelle dei minori di una stessa epoca. Un Victoria & Albert Museum italiano nel quale gli ambienti divenissero veri e propri quadri dei tempi passati. Un museo oggi forse non così conosciuto, nel quale non tutto è sempre al posto giusto, che sconta l’ingiustizia del turistodromo in cerca dei grandi nomi, ma in diretto e azzeccato collegamento con il mondo dell’antiquariato e la storia del gusto.
E’ così di grande aiuto alla conservazione dell’infinita collezione di Palazzo Venezia la decisione della Biennale di impegnarsi al recupero e restauro di un’opera del museo, il Compianto di Cristo morto e donatori, olio su tavola (cm. 174 x 137) di Giovanni Francesco Maineri, artista nato a Parma e documentato dal 1489 al 1506 tra due delle grandi capitali artistiche di allora, Ferrara e Mantova.
Il dipinto, diretta derivazione di un’opera di Ercole de’ Roberti, proveniente dalla chiesa ferrarese di San Domenico, è noto anche come Pietà Blumenstihl, per essere entrato nel 1888 nella collezione della famiglia di origine alsaziana che ebbe un ruolo di rilievo nel passaggio di consegne tra la Roma papale e casa Savoia.
L’intervento di restauro dell’opera, che aveva sofferto continui sollevamenti e cadute di colore, obbligando a innumerevoli interventi di restauro e di manutenzione nel corso del tempo, è stato eseguito da Carlo Giantomassi e Donatella Zari  con la collaborazione di Marco Pulieri e Paola Zari  sotto la direzione del Direttore  del Museo di Palazzo Venezia Andreina Draghi.