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di Marco Riccomini

Cos’è successo al Cairo?

Cairo e Parigi al centro del mercato internazionale.

Cos’è successo al Cairo? Temo che di questi tempi a domandarselo non siano in molti. Eppure ci sarebbe da chiederselo. Vediamo perché. Nell’asta parigina di Sotheby’s dello scorso 26 giugno (Tableaux et Dessins Anciens et du XIXe siècle) figurava una Giuditta con la testa di Oloferne attribuita dubitativamente al fiammingo Gerard Seghers (lotto 20. Olio su tela, cm 117, 5 x 92, 5). Ricco d’impasto e vivace di colori, il dipinto pareva sì del Nord, ma forse non così a nord quanto lo è nelle Fiandre la bella città di Anversa. A nord comunque lo è di certo, se si prende come punto di partenza Roma o anche Firenze, per dire, città dove pure il pittore anversese venne e soggiornò per qualche tempo, entro il secondo decennio del Seicento. Ma il Nord di cui si parla a proposito di questo quadro termina pressapoco all’altezza dei Navigli, giacchè la tela transitata in asta lungo la Senna è compagna, anzi gemella (o forse la stessa?), di quella pubblicata nella monografia sul milanese Francesco Cairo come di ubicazione sconosciuta (F. Frangi, Francesco Cairo, Torino 1998, p. 287, n. 115, fig. 117). Errori e sviste per chi di mestiere si occupa di vendite all’incanto sono frequenti e comuni e non v’è da stupirsene. Eppure resta il dubbio che col trionfo del Contemporaneo ed il conseguente declino dell’Antico l’attenzione verso i Maestri del passato (e dunque gli studi, gli scritti e la stessa formazione di una nuova generazione di storici dell’arte) sia oggi reputata meno impellente, almeno da chi si occupa di mercato. La preoccupazione di chi scrive, quindi, non è (solo) relativa agli sconquassi delle primavere arabe (da qui il titolo d’apertura), quanto piuttosto all'autunno o meglio all'inverno che sta attraversando la conoscenza dell’antica pittura italiana.