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Leonardo Piccinini

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Chi lo direbbe mai. Non è Capodimonte il museo più visitato di Napoli…anzi.

Quaranta opere da manuale di storia dell’arte, dalla Danae di Tiziano all’Atalanta e Ippomene di Guido Reni, fino alla Flagellazione di Caravaggio. Fa discutere il maxiprestito che il Museo nazionale di Capodimonte ha concesso (fino a giugno) al Kimbell Art Museum di Fort Worth, Texas, per la mostra Flesh and Blood. Italian Masterpieces from the Capodimonte Museum. Sfuggono le ragioni dell’operazione, non essendo Capodimonte chiuso per restauri; d’altra parte era pure passata sotto silenzio, sulla stampa italiana solitamente affamata di polemiche (ricordiamo solo i recenti episodi delle Sette opere di Misericordia di Caravaggio negate proprio a Capodimonte, o del polverone suscitato dal Leone X di Raffaello per la mostra al Quirinale…), l’analoga “trasferta” (Caravaggio escluso) di quella straordinaria selezione di opere al museo di Seattle, dal 17 ottobre al 26 gennaio scorso. Prestare sì, ma con juicio...!



Chi lo direbbe mai. Non è Capodimonte il museo più visitato di Napoli…anzi. Staccato di molte lunghezze (250mila visitatori) da quello che Rudolf Wittkower definì il “Walhalla della famiglia Sangro”, la Cappella Sansevero. Ben 750mila visitatori nel 2019, più di 5 milioni di euro di incasso. Un modello di gestione museale che smentisce l’atavica incapacità di Napoli a un corretto sviluppo del suo meraviglioso patrimonio. Da poche settimane si è aggiunto al percorso espositivo della Cappella, collocato nella Sacrestia, il bellissimo ritratto di Raimondo di Sangro, singolare figura di scienziato e letterato, oltre che gran maestro della massoneria di rito scozzese del regno di Napoli, con fama di inventore e “negromante”; nella seconda metà del ‘700 fece totalmente ridecorare la cappella gentilizia, celebre per gli indimenticabili virtuosismi di Queirolo, Corradini, Sanmartino.


"L’ennesimo felice esempio di quell’inarrestabile lavoro di recupero che l’antiquariato italiano conduce sul patrimonio storico artistico del nostro Paese"


Il dipinto, una tela ovale ricondotta alla mano di Francesco De Mura (metà ‘700), è stato acquisito dalla Galleria Porcini di Napoli, che l’aveva presentato all’ultima Biennale di Firenze. “Proviene dal mercato spagnolo, non era stato riconosciuto, era genericamente indicato come “cavaliere dell’ordine di San Gennaro”. Sarebbe stato meraviglioso riportare a casa la tela…e così è stato!”, commenta Dario Porcini. L’ennesimo felice esempio di quell’inarrestabile lavoro di recupero che l’antiquariato italiano conduce sul patrimonio storico artistico del nostro Paese. “La tela – ha sottolineato lo storico dell’arte Giuseppe Porzio – è tra le acquisizioni più notevoli emerse negli ultimi decenni per la pittura di ritratto a Napoli e rappresenta un vertice di eleganza e politezza formale raggiunta da De Mura davvero degno della coeva produzione aulica di un Mengs o di un Van Loo”.