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di Marco Riccòmini

HARRY BOSCH

Non c’è niente che tu possa fare riguardo al passato se non lasciarlo dove sta

Girando tempo fa tra gli stand d’una fiera, in compagnia d’un giovane fresco di laurea, provai a testare la sua preparazione. All’ennesima copia (da Raffaello o Michelangelo) che non azzeccava, sbottò dicendo che la sua era una laurea in ‘Economia e gestione dei beni culturali’, mica in ‘Storia dell’Arte’! Chissà cosa avrebbe pensato giorni fa alle aste di New York. Avrebbe forse ammirato La Zingarella di Correggio (Allegri chi? L’allenatore di calcio?), passata di mano a un pugno di dollari (lotto 136: $23,750). E se, con moto d’orgoglio, avrebbe riconosciuto la copia dalla Gioconda d’un ‘Seguace’ di Leonardo da Vinci (lotto 132: $106,250), non sarebbe stato altrettanto bravo nel capire che pure il San Girolamo derivava da un modello dello stesso maestro toscano (lotto 133: $100,000).

Senza farsi mancare poi un selfie di fronte al «grande e imponente trittico» (lotto 134: $118,750), ignorando che era una copia del XIXo o (meglio) del XXo secolo dal Giardino delle delizie al Prado. Ma l’unico Hieronymus Bosch che potrebbe conoscere è l’Harry di Bosch, la saga creata da Michael Connelly (non per i libri, mai letti, ma per la serie televisiva interpretata da Titus Welliver). Tra le battute più celebri del ‘tenacious detective’ c’è quella contenuta in The Brass Verdict (2008): «Non c’è niente che tu possa fare riguardo al passato se non lasciarlo dove sta». La suggerirei come massima anche alle case d’asta: smetterla di confondere le acque offrendo modeste copie moderne (che non sono ‘Old Masters’) mischiate a opere d’arte. Per dignità, se ancora ha un peso nel mercato delle aste.