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di Leonardo Piccinini

MILANO-SAN PIETROBURGO-COPENAGHEN. CANOVA E THORVALDSEN

Quante meraviglie dall’Ermitage (e non solo)

I russi in via Manzoni. Non c’entrano la politica né lo shopping, sgomberiamo il campo da equivoci. In tempi di sanzioni feroci, spionaggio e dazi incrociati, ha qualcosa di miracoloso la parata di opere da manuale di storia dell’arte, prestate dall’Ermitage di San Pietroburgo e da tanti altri templi laici della cultura, tale da conferire (in poche centinaia di metri!) a Milano l’allure di grande capitale europea.

Le Gallerie d’Italia, in Piazza Scala, e la Galleria d’Arte Moderna, a Villa Reale, unite in un vorticoso viaggio nel meglio della scultura neoclassica. “Da tempo avevamo in mente questa mostra su Canova. I volti ideali” racconta Paola Zatti, Conservatore responsabile della GAM. “La coincidenza con Canova Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna alle Gallerie d’Italia (a cura di Stefano Grandesso e Fernando Mazzocca) ha portato a una fruttuosa collaborazione, che ci ha permesso prestiti straordinari: oltre all’Ermitage grandi musei quali il Getty, il Kimbell, gli Uffizi…”

Una selva di volti femminili accoglie il visitatore. Volti idealizzati in cui Canova indaga le infinite variazioni della bellezza femminile. Davanti all’Elena dell’Ermitage si rimane incantati per la raffinatezza dell’esecuzione, per la morbidezza e insieme la perfezione di quell’uovo di cigno che porta a maledire chi osò definire le opere dello scultore di Possagno “svarioni cimiteriali” (era Longhi!)


Davanti all’Elena dell’Ermitage si rimane incantati per la raffinatezza dell’esecuzione, per la morbidezza e insieme la perfezione di quell’uovo di cigno che porta a maledire chi osò definire le opere dello scultore di Possagno “svarioni cimiteriali”


Siamo nello stesso decennio in cui un altro grande, Andrea Appiani, dipinge ad affresco il Parnaso (1811) sulla volta del salone di conversazione al piano di sopra della villa. Ambiente tra i più raffinati del neoclassico europeo, che si raggiunge al termine di un percorso nuovo e sofisticato. “Abbiamo destinato il piano terra a sede di mostre e riallestito la collezione al primo piano; è mio impegno per il futuro offrire al pubblico l’accesso ai depositi nei sotterranei. Centinaia di opere…!”

Sorseggiando un ottimo drink nel locale ricavato nel corpo esterno di sinistra della Villa Reale, colpisce il raffinato monumento funebre realizzato nel 1818 da Berthel Thorvaldsen per Anna Porro Lambertenghi: l’unico scultore in grado di insidiare il primato canoviano. I due continuano a sfidarsi idealmente negli spazi perfettamente allestiti delle Gallerie d’Italia, istituzione museale che non smette di stupire per l’impegno economico e culturale a favore del patrimonio. Scrive Fernando Mazzocca: “le sculture di Canova ci colpiscono ancora per la loro straordinaria dinamica, che presuppone diversi punti di vista, e per la sensualità della loro superficie levigata e patinata (a volte anche leggermente colorata) che fa diventare il marmo, come diceva lui stesso, “vera carne”. Quelle di Thorvaldsen, che privilegiano una visione frontale, lasciano il marmo più grezzo, conservandone intatta la purezza. Sembra che l’uno abbia voluto sfidare, ricreandola, la natura, mentre l’altro abbia inteso al contrario esaltare l’idea”. Una mostra meravigliosa, in cui tornare più volte e provare a perdersi tra corpi scolpiti e miti che di antico hanno solo l’epoca del loro concepimento. Dopo il confronto epocale tra le tre Grazie dell’Ermitage (Canova) e quelle del museo Thorvaldsen di Copenaghen, un percorso tra capolavori e (ri)scoperte. Strepitosa la serie di immagini, molto rare, che documentano gli studi romani dei due artisti. “In realtà l’unica testimonianza visiva fedele dello studio di Canova a Roma – scrive ancora Mazzocca – è il grande acquerello di Francesco Chiarottini”. Tra compassi, corde e punti di riferimento metallici applicati al gesso: i nuovi procedimenti “che Canova avrebbe usato per tutta la vita e che avrebbero rivoluzionato – utilizzati anche dal rivale Thorvaldsen e dai loro numerosi seguaci - la tecnica della scultura in tutto il mondo”.

Dopo tante meraviglie sarebbe ora di vedere la Madonna Litta di Leonardo e/o dintorni, sempre dalla Russia con amore: siamo a due passi, al Poldi Pezzoli, ma sarà il tema…di una prossima riflessione!