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di Leonardo Piccinini

PROVINCIALE A CHI?

L’arte antica è il prodotto di civiltà raffinate, committenti colti e informati, strumento politico e di comunicazione, laica o profana.

 “L’arte travolgente e minacciosa del provinciale Tintoretto”…”provinciale”? Il titolo dell’articolo che Francesco Bonami (il Foglio, 14 settembre) ha dedicato al grande artista, in occasione delle mostre in corso a Venezia fino al 6 gennaio, promette male. E già dalle prime battute si deraglia verso l’amenità da bar: “la storia dell’arte è fatta di grandi provinciali […], pensiamo a Tintoretto che non si è mai mosso da Venezia e che è nelle collezioni dei più grandi musei del mondo”. Il resto viene da sé, e l’articolo purtroppo tradisce un malcostume molto diffuso tra chi si trovi ad affrontare solo la contemporaneità, quello di riferirsi all’arte antica come a qualcosa di concepito in laboratorio, tra investitori e speculatori. Non come il prodotto di civiltà raffinate, committenti colti e informati, strumento politico e di comunicazione, laica o religiosa. Come può essere considerato “provinciale” chi nacque nella Venezia del Cinquecento, città vivacissima, cosmopolita (ha mai letto, il Bonami, Shakespeare…?), straordinariamente bella e ricca, una delle più popolose d’Europa?


"...l’articolo purtroppo tradisce un malcostume molto diffuso tra chi affronta solo la contemporaneità, quello di riferirsi all’arte antica come a qualcosa di concepito in laboratorio, tra investitori e speculatori"


Potremmo mai considerare “provinciale” un altro grande maestro, Francesco Solimena (1657-1747) che mai si mosse da Napoli, allora prima città d’Italia, ma che raggiunse con le sue opere mezzo continente, punto di riferimento per artisti quali Fragonard, Goya, Boucher…e la cui produzione artistica è intrinsecamente legata all’architettura, alla musica della ricchissima Napoli, come dimostrano i due monumentali volumi a lui dedicati da Nicola Spinosa (Ugo Bozzi Editore, saranno presentati nel mese di novembre presso la Pinacoteca di Brera) ?

Le testimonianze artistiche di quel mondo così lontano dal nostro, e tuttavia di fondamentale importanza per la nostra identità, sono solo la reliquia che lo storico dell’arte tenta di indagare, alla stregua di un archeologo, per ricostruire contesti e civiltà. Oggetti preziosissimi, come la Cassetta Farnese di Capodimonte (appena restaurata e in mostra alle Gallerie d’Italia di Milano fino al 28 ottobre), scrigno d’argento dorato, con statue e rilievi sbalzati e cesellati, cristalli di rocca incisi e lapislazzuli, voluto dal cardinal Alessandro Farnese, la cui corte rivaleggiava per sfarzo con quella dei sovrani europei. Venezia, Napoli, Roma…fari di civiltà, non “provincia”!