fondazione zeri

Luca Mattedi*

Federico Zeri appassionato collezionista

Presso la Fondazione di Bologna è stato organizzato un prezioso ciclo di incontri, in occasione del quale si è tentato di mettere maggiormente a fuoco il suo raffinato gusto collezionista.

Sul formidabile occhio del conoscitore di Federico Zeri e sulla sua impareggiabile capacità di decifrare - sotto ogni aspetto - le opere d’arte, sono stati versati fiumi e fiumi d’inchiostro. Non certo a torto, vien da dire, dato che Zeri è stato a tutti gli effetti uno dei maggiori esponenti della disciplina storico-artistica. Molte meno, però, sono state le occasioni in cui si è posta l’attenzione sullo Zeri che si servì delle proprie conoscenze per acquistare manufatti di vario genere. Sullo Zeri collezionista, insomma. È bene però essere un po’ cauti nell’uso di questo termine, dato che lo studioso di Mentana non gradiva affatto questa definizione: “respingo l'appellativo di 'collezionista', che in nessun modo mi si addice. Per me gli oggetti d'arte tra i quali vivo sono una sorta di appendice ambientale, di arredamento, del mio mestiere di conoscitore e, talvolta, di storico dell'arte. Più che un’opera d’arte sono per me un ricordo, un appunto, il riflesso di un breve momento della mia vita”.


“respingo l'appellativo di 'collezionista', che in nessun modo mi si addice. Per me gli oggetti d'arte tra i quali vivo sono una sorta di appendice ambientale, di arredamento, del mio mestiere di conoscitore e, talvolta, di storico dell'arte. Più che un’opera d’arte sono per me un ricordo, un appunto, il riflesso di un breve momento della mia vita”.


Alla base delle sue scelte d’acquisto non c’era alcun disegno preliminare, né tanto meno alcun intento di lucro: Federico Zeri acquistava opere quanto più eterogenee tra di loro in base esclusivamente alle proprie passioni, alla propria curiosità, seguendo percorsi del tutto personali e senza alcun interesse ad accumulare sistematicamente. Si trattava infatti, come lui stesso sottolineava, di “scoperte o regali […], il risultato delle mie visite ai mercatini e a qualche negozio, o dei miei vagabondaggi attraverso il mondo”.

La raccolta che Zeri riunì presso la propria dimora non rispecchia – come invece è stato per Bernard Berenson o per Roberto Longhi – i suoi ambiti di ricerca prediletti, tanto che sulle pareti di Villa Mentana non si contava alcun fondo oro, e solamente pochi dipinti erano rappresentativi dei secoli decimoquinto e decimosesto. Abbondavano, invece, le tele barocche, in gran parte di artisti poco noti o stranieri (come ad esempio il magnifico Giove e Antiope, che Zeri attribuiva ad Abraham Janssen), in contro tendenza quindi rispetto ai gusti del mercato del momento – ma perfettamente in linea con la sua predilezione per le personalità artistiche defilate. “Fra l’altro”, lasciamo ancora la parola a Zeri, “non voglio avere in casa quadri molto importanti. Costituirebbero per me un vero e proprio incubo, avrei paura dei furti, dei danni, cadendo in quel dramma del possesso che trovo insopportabile”.


“non voglio avere in casa quadri molto importanti. Costituirebbero per me un vero e proprio incubo, avrei paura dei furti, dei danni, cadendo in quel dramma del possesso che trovo insopportabile”.


Ciò però non significa che i dipinti di proprietà Zeri fossero stati solamente di importanza marginale, anzi. Basti pensare alla magnifica Pietà di Giovanni de’ Vecchi o alla Santa Elisabetta d’Ungheria di Domenico Alfani, che fino al 7 marzo sono visibili alla bella mostra su Federico Zeri al Poldi Pezzoli di Milano; ma ancora, un Bartolomeo Passerotti, due Baciccio, uno Spadarino, due sublimi Giovanni Martinelli, un Carlo Ceresa, un Traversi e molti altri. Senza dimenticare, poi, il non meno importante numero di mobili antichi, tappeti costantinopolitani, arazzi e, soprattutto, lapidi romane e sculture: tra tutte, quelle sublimi di Pietro Bernini e di François Dusquenoy, insieme ai dieci rilievi palmireni, che in grossa parte si possono contemplare - rispettivamente - all'Accademia Carrara di Bergamo e ai Musei Vaticani, da lui stesso donate come lascito testamentario.

Insomma, anche in questa frangente Zeri risultava un conoscitore a tutto campo, anche di culture e mondi lontani. Durante l’autunno scorso, presso la Fondazione di Bologna, è stato organizzato un prezioso ciclo di incontri, in occasione del quale si è tentato di mettere maggiormente a fuoco il suo raffinato gusto collezionista.
Chissà che questo non possa essere un passo in avanti per redigere una (auspicabilissima) storia delle collezioni appartenute agli storici dell’arte, a partire proprio da Zeri… Nel frattempo, buona visione!

*Fondazione Federico Zeri, Università degli Studi di Bologna