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Dall'equilibrio alla sopraffazione

I nostri affanni

Le Case d'Asta hanno rappresentato, nel passato un elemento di stabilità e di verifica della salute del Mercato, quando le vendite aggiudicate dai singoli battitori corrispondevano, nella stragrande maggioranza, a quello che il Mercato decretava in quel momento come valore dei singoli oggetti. La concorrenza leale tra i vari acquirenti, oltre a favorire le giuste aspettative dei venditori, costituivano pietre di paragone per gli oggetti che successivamente il Mercato offriva a nuovi acquirenti. Certo, errori in senso positivo e in senso negativo erano possibili ma pur sempre fatti alla luce del sole, e per di più spese aggiuntive ai prezzi di aggiudicazione venivano considerate improponibili. In tempi recenti il vorticoso sviluppo del Mercato dell'Arte ha introdotto elementi di disturbo in un corretto svolgersi del rapporto di compravendita offerto nelle pubbliche vendite all’asta. Si è cominciato a blandire la clientela con offerte che a poco a poco sono diventate delle vere sirene adulanti: dalle offerte di riduzione sulle commissioni di acquisto e di vendita fino alle discutibili, perchè al limite del lecito, di finanziamenti per gli acquisti da parte delle grandi Case d'Asta (come non ricordare negli anni '80 del Novecento la famosa vendita degli Ireos di Van Gogh che una Casa d'Aste finanziò fino all'esasperazione per trovarsi con un pugno di mosche al momento del crollo economico del compratore e con la necessità successiva di trovare un nuovo acquirente con notevole rimessa economica). Sembrava allora che avessimo imparato la lezione ma oggi, con la cosiddetta globalizzazione e con l'intervento sul Mercato di nuovi acquirenti disposti a qualunque spesa, come se dovessero spendere denaro fabbricato, si assiste ad una nuova offensiva delle grandi Case d'Asta straniere sul Mercato internazionale. Non siamo ovviamente in grado, nè vogliamo, discutere la opportunità di questo intervento a tutto campo di soggetti economici che hanno comunque il dovere verso il proprio azionariato di cercare per se stessi il massimo profitto, ma ci domandiamo quanto corrisponda ad una regolarità del Mercato questa sorta di monopolio, sotto la stessa etichetta, di tutti i soggetti che devono costituire invece elementi tra loro diversi per suscitare e far prosperare una giusta concorrenza. Alla recente mostra di Maastricht del Marzo ultimo scorso, tra le ditte di commercio d'arte vi erano persino due stands dichiaratamente di proprietà dei due giganti del Mercato, Sotheby's e Christie's. Ci domandiamo se questo non sia un preoccupante fenomeno di degenerazione del Mercato che piano piano potrebbe risolversi in una totalizzazione di tutta l'attività dell'Arte sotto il controllo di due sole entità, che poi, come l'esperienza spesso insegna, facilmente potrebbero costituire un unico cartello con le conseguenze che, per esempio, un articolo del Giornale dell'Arte, n. 263 Marzo 2007, riferisce essere pubblicate sul Sunday Times, relative alle vendite all'Asta telematiche di "e-bay". Che poi una gran parte delle opere esposte al Tefaf di Maastricht provengano da vendite all'asta non è cosa da meravigliare, è sempre accaduto che le Aste siano veicolo di commercio, però dobbiamo riflettere a quale incidenza abbiano in seguito, sui prezzi degli oggetti quando vengano posti in vendita dopo l'acquisizione all'incanto, tutti quegli orpelli di carattere amministrativo e promozionale che ormai appesantiscono gli oggetti aggiudicati. A riguardo è interessante rilevare la lamentela di Sonia Farsetti, Presidente dell'Associazione Nazionale Case d'Asta, che a nome della propria Associazione configura correttamente la situazione di estremo disagio e di sperequazione tra le Case d'Asta italiane e quelle straniere relativamente alle opere d'Arte moderne: ci si rende conto che finalmente anche coloro che si occupano del "moderno" cominciano ad accorgersi di quanti gravami, orpelli e difficoltà si abbattano quotidianamente sulle loro spalle, così come da tempo sono su quelle del Mercato dell'Antiquariato con l'aggravante per il "moderno" del così detto Diritto di Seguito che ci ha visti oppositori fino dal momento in cui questo assurdo balzello era stato prospettato, ma la cui attuazione forse non è stata con la dovuta decisione controbattuta in sede nazionale e comunitaria. (Tornando sull'argomento e pur essendo consapevoli della necessità di difendere la genialità e la proprietà di un prodotto artistico non riusciamo a capire come per opere d'arte figurative i passaggi di proprietà debbano essere gravati da una rendita parassitaria per l'autore dell'opera stessa: una volta venduto, un oggetto è di proprietà dell'acquirente e non si venga a paragonare il prodotto artistico figurativo a un'opera letteraria o ad una musicale che hanno bisogno per la loro estrinsecazione di essere interpretate e come tali soggette a così detti diritti d'autore). Che fare allora in una situazione in cui il libero Mercato, tanto reclamato ma tanto bistrattato, che per essere corretto ha bisogno di norme e regole chiare, semplici e severamente rispettate, pare in balia di incontrollabili forze prive di scrupoli, che fioriscono poi per sedurre anche quei protagonisti del Mercato, (più o meno forti oppure più o meno consapevoli oppure ancora più o meno opportunisti),pronti a salire sul carro del vincitore al quale venderanno la propria identità e la propria anima? Come al solito la risposta potrebbero darla solo legislatori sensibili e culturalmente avveduti che nel caso italiano in particolare non avessero pregiudizi o preclusioni verso il Mercato.

04.2007