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Musei, donatori e bilanci pubblici

I nostri affanni

Abbiamo sempre ritenuto che il cosiddetto circolo virtuoso del mercato dell'arte poteva e doveva concludersi con le acquisizioni delle opere più importanti degli antiquari da parte degli enti pubblici: a maggior ragione siamo estremamente felici che nel passato si siano creati musei a sè stanti creati da antiquari e collezionisti illuminati che li hanno donati alle proprie città. Il flusso delle opere donate, in grossi nuclei o opere singole, costituisce da parte degli antiquari un'eccezionale benemerenza ed un arricchimento continuo del patrimonio artistico destinato al godimento di tutti. Normalmente il donatore si contenta di poche citazioni perché la donazione è per lo più disinteressata, ma talvolta la comunicazione della provenienza di un'opera divenuta di proprietà pubblica, è così scarna da trascurare persino il nome del donatore. Ben altro è il riconoscimento che in paesi come la Francia viene tributato ai donatori di oggetti d'arte: non a caso nell'atrio del museo Nissim de Comando sulla parete di destra fa bella mostra di sè una lapide con i nomi dei benemeriti donatori, che per lo più sono antiquari parigini tuttora in attività. E' il tributo che una città sensibile e attenta ai fatti artistici riconosce a questi generosi collezionisti, che si privano di opere di valore venale anche molto significativo, per lasciare alla città dove hanno vissuto e operato, memoria della loro attività. Se questo esempio ci sembra calzante per stabilire quelli che dovrebbero essere i rapporti tra chi dirige le istituzioni e i donatori, a maggior ragione si dovrebbero tutelare ed esporre le opere ricevute in dono e garantire ai musei formati grazie ai lasciti, perlomeno la possibilità di essere visitati senza interruzioni ingiustificate. Ciò consentirebbe da una parte una ragionevole programmazione di visite sul territorio museale, senza orientare pesantemente i flussi di visitatori sui maggiori affollatissimi musei principali, dall'altra, stimolando l'orgoglio delle persone che vedono le proprie opere esposte e la sottolineatura della provenienza, ci sembrerebbe un modo garbato e riconoscente verso il donatore: senza considerare che tutto ciò potrebbe suscitare un forte desiderio di emulazione. Al contrario sappiamo benissimo come la trascuratezza e il disinteresse delle istituzioni nei confronti dei donatori sviino completamente l'interesse di coloro che potrebbero invece beneficare i musei di future donazioni. Dai giomali fiorentini apprendiamo con molta preoccupazione che una parte dei fondi destinati alle attività culturali della città di Firenze verrebbero spostati dai musei di proprietà comunali verso altre necessità. Paventiamo che questo possa avvenire anche se al momento attuale la notizia deve trovare conferma nella quantificazione della riduzione degli orari di apertura che comunque sarebbe un grave danno all'immagine della città oltre alla grave mancanza di rispetto delle volontà e delle intenzioni dei donatori e di coloro che al momento dei lasciti assumevano impegni che verrebbero gravemente disattesi. Ci fa piacere citare un brano della lettera che ci ha fatto giungere l'Architetto Salvatore Romano, nipote dell'antiquario che ha lasciato alla città di Firenze un'importante raccolta di opere d'arte che al momento rischia di essere gravemente penalizzata dalla situazione prospettata: "La programmata apertura del museo per un solo giomo alla settimana rende pressoché impossibile o estremamente complessa la sua visibilità (in specie per studiosi e visitatori non residenti a Firenze) e disattende l'intendimento del donatore Salvatore Romano che concluse ilo suo lineare percorso di antiquario-collezionista, riproponendo alla collettività il valore del patrimonio di cultura e civiltà che le opere donate esprimono". Comprendiamo benissimo le difficoltà in cui si dibattono i bilanci comunali e il disagio che deve aver provato Simone Siliani Assessore alla Cultura nel prospettate una eventualità così dolorosa, ma siamo certi che riesaminando ulteriormente sia il bilancio che le conseguenze di questa decisione, sarà trovata una soluzione meno traumatica, così inverosimile per una città come Firenze per la quale la cultura è passato, presente e avvenire. Il ruolo di Firenze come quello delle grandi città d'arte italiane non è certarnente inferiore a quello di Roma che dei musei comunali fa una grandiosa promozione sul Domenicale de "Il sole 24 ore" del 15 Gennaio dove alle iniziative che il Comune di Roma sta prendendo nei confronti del sistema museale comunale, vengono riservate quattro pagine. Si evidenzia in una breve scritto del Sindaco Walter Veltroni un'attenzione e una sensibilità verso la sua città quando sottolinea la possibilità di trasferire gli uffici comunali in altro luogo liberando così il Palazzo del Campidoglio per destinarlo alla intera attività museale. Non conosciamo i bilanci comunali che la città di Roma riserva all'Assessorato alla Cultura, ma certamente dovrebbero rappresentare un esempio da seguire per quelle città che hanno un patrimonio artistico altrettanto imponente. Perché, sia chiaro, che il turismo internazionale che visita le città d'arte non va alla ricerca di spericolate manifestazioni di arte contemporanea non all'altezza della città ospite, ma cerca le vestigia dei passato ed è li elle bisogna investire i soldi perché quelle sono il nostro patrimonio e la fonte della nostra ricchezza. Lungi da noi un comportamento mentale retrò che escluda cioè le attività artistiche del nostro tempo ma intendiamo sottolineare che vanno sponsorizzate, aiutate e promosse solo manifestazioni di vera e altissima qualità.

 

C'è Biennale e Biennale

Nel numero di Gennaio 2006 del Giornale dell'Arte, scorrendo l'annuale indagine "Il Meglio e il Peggio" sugli umori del mondo dell'arte, il critico Giorgio di Genova indicava peggiore mostra dell'anno la "Biennale di Firenze 2005". La cosa ci ha molto sorpresi in quanto notoriamente per Biennale di Firenze si intende la Biennale Internazionale dell'Antiquariato che si è svolta dalla fine di Settembre ai primi di Ottobre 2005 con unanime consenso. Molti nostri Associati e collezionisti ci hanno telefonato sorpresi e in qualche modo divertiti per questo giudizio apparentemente paradossale. Ma riflettendo successivamente al fatto che Il Professor Di Genova è esperto di arte contemporanea abbiamo capito che il Suo riferimento era concernente la mostra che si era tenuta nel locali della Fortezza da Basso di Firenze dal 3 al 11 Dicembre 2005 e che si chiama appunto Biennale internazionale d'arte contemporanea di Firenze e che pertanto non aveva nessun rapporto con la Biennale dell'Antiquariato di Firenze. L'equivoco è sorto perché non si è prestata sufficiente attenzione nel formulare un titolo che poteva generare confusione, cosa che regolarmente è avvenuta.

02.2006