Francesco Marcorin - Davide Dossi
Treviso, Zel, 2020. Cm. 17x24, pag. 226, fig. a col e in nero, br
I nomi del conte veronese Agostino Giusti e del figlio Giovan Giacomo sono noti agli studi sul collezionismo a Verona e nel Veneto da almeno quarant’anni. Ciononostante, l’impossibilità di uno studio sistematico dell’archivio familiare non ha consentito agli studiosi fino a oggi di avvicinarsi in maniera approfondita a queste figure né di tracciare un profilo chiaro della loro committenza e della loro propensione al collezionismo. L’occasione fornita dall’ “apertura” dei fondi Giusti e Giusti del Giardino conservati presso l’Archivio di Stato di Verona ha permesso agli autori di questo libro di ricostruire con precisione le tappe della creazione e della successiva dispersione delle collezioni di Agostino e Giovan Giacomo Giusti, spesso confuse e denominate “la collezione Giusti”, ma invece contraddistinte da fisionomie, finalità e linee di fruizione proprie dei due fautori. Partendo dalla figura di Agostino, che ristrutturò il palazzo nella contrada di San Vitale e lo dotò di un apparato decorativo e di una raccolta di oggetti d’arte aperta agli artisti e agli amatori, si analizza la figura del figlio Giovan Giacomo, creatore di una seconda collezione da lui quasi privatamente goduta. Con Francesco e Marcantonio Giusti, nipoti di Agostino, inizia il processo di disgregazione che vedrà al principio del Settecento quello che era rimasto delle due collezioni disperdersi a Venezia.