vita d'antiquari

Simone Facchinetti

Attilio Cecchetto

Nato nel cassetto di un comò


Storia
Figlio di un restauratore, da bambino ero un curioso frequentatore della bottega di mio padre. Da giovane presenziai ai miei primi mercatini di antiquariato: compravo e rivendevo quel che di piacevole rintracciavo. Ho sviluppato pian piano un’attenzione particolare per le cose belle. La mia esperienza è nata direttamente sul campo: ho conosciuto gli antiquari più competenti, beneficiando del loro bagaglio culturale, rubando i loro consigli e osservando la loro arte di mercanti. Ho studiato attentamente i libri, memorizzando gli intagli, i decori, le forme e gli stili. Ho visitato assiduamente – e continuo tuttora a farlo – moltissimi musei e innumerevoli chiese, custodi di preziose antichità. Residente da sempre in Veneto, mi sono interessato all’arte del territorio e della vicinissima Venezia, patria di grandi maestri e tesoro inesauribile di talenti artigiani, con i suoi palazzi, le ville e le preziose realtà museali. Sempre più amante della bellezza e dell’eleganza, ho realizzato nel tempo la mia inclinazione professionale nella pittura e negli arredi lagunari del XVIII secolo, focalizzandomi nel mondo della lacca veneziana.

Scoperte
Circa quindici anni fa, durante una qualsiasi chiacchierata, un collega antiquario mi mostrò casualmente un dipinto in suo possesso, raffigurante la fuga in Egitto, che non incontrava certo il suo gusto. Lo banalizzò, relegandolo a un quadro di poco conto, di un pittore quasi irrilevante. Colsi qualcosa in quel dipinto. Qualche giorno prima stavo ammirando Gianbattista Tiepolo al Palazzo Patriarcale di Udine, e tra gli affreschi che cercai di ripercorrere con la mente, mi balenò il profilo di una figura, la stessa che scorsi nel dipinto ignorato da quel mercante. Comprai il dipinto che si rivelò essere, appunto, un Tiepolo.
Anni fa, mentre girovagavo tra le bancarelle di un mercatino d’antiquariato in Francia, notai che un rigattiere stava trasportando un mobiletto strepitoso. L’eccezionale intarsio e l’indiscutibile qualità erano lampanti: ho pensato subito fosse un Maggiolini. Il mercante me lo concesse senza troppe pressioni. Tornato in Italia, non vidi l’ora di confermare la mia teoria e iniziai un lavoro di ricerca e soprattutto di confronto tra la tarsia e i disegni preparatori scovati negli archivi storici. L’indagine confermò la paternità dell’opera, svelando anche il committente e i dettagli sulla consegna.

Futuro
La ragione che accende la mia passione lavorativa è l’acquisto di cose belle.
Il mio scopo è trovare autentiche opere d’arte, straordinarie tele da ammirare, arredi e capolavori che spiccano per qualità e raffinatezza.
Credo che, in un futuro prossimo, l’antiquario sia ancora necessario, a patto che intraprenda una rigorosa specializzazione. Sarà fondamentale, a parer mio, orientare la propria esperienza e perfezionare il proprio sapere in un ambito particolare dell’arte decorativa, per individuare con chiarezza nel mercato un fedele e preciso destinatario.