vita d'antiquari

Leonardo Piccinini

Giorgio Baratti

Il sacro fuoco dell’arte

In una giornata di brutto tempo, o di cattivo umore, una visita da Giorgio Baratti può servire da ricostituente. Questo incredibile toscano “nato a Sansepolcro, a cento metri da Piero della Francesca” dallo sguardo veloce e dalla conversazione amabile, divertente, ricca di aneddoti e insegnamenti (“vivere con ironia è l’unico rimedio all’ottovolante del nostro destino”) è solito ricevere clienti, amici e colleghi tra le mura bramantesche di Palazzo Bigli, antica dimora trasformata nel dopoguerra (fu residenza di Eugenio Montale, poi scelta da facoltosi e notissimi industriali), in un dedalo di stanze e corridoi rivestiti, è il caso di dirlo, di dipinti, arredi e libri appesi o accatastati, secondo un rassicurante senso di horror vacui che protegge e affascina. Mi ritrovo tra le mani un poderoso volume, autori alcuni tra gli storici dell’arte più noti, settecento pagine di catalogo di una mostra tenutasi nel 2020 al Museo Nazionale di Vilnius. “Tra sacro e profano. La collezione Giorgio Baratti-Milano”. “E’ stata una magnifica esperienza. In Lituania c’è voglia di conoscere e capire, un entusiasmo elettrizzante”. Tra i pochi self-made men dell’antiquariato, “mio padre era capostazione a Poggibonsi. Iniziai frequentando un robivecchi, si andava in cerca di pelli di coniglio, metalli, ottoni”, con incarichi al MET e a Washington, e un’inesauribile sacro fuoco che lo accende: “l’arte sopravviverà a tutti noi, continuando ad appassionare e a travolgere chi verrà dopo”.