vita d'antiquari

Marco Riccòmini

Michele Subert

150 anni di storia antiquariale

Non so quante volte vi potrà capitare che, durante un viaggio in auto, il conducente v’intrattenga coi ricordi della sua tesi di laurea. Quando accade, cerco con lo sguardo il primo Autogrill, sperando che manchi poco all’arrivo. Invece, non avrei più fatto smettere Michele Subert, quando un giorno, mentre andavamo assieme chissà dove, mi confidò d’aver studiato lettere antiche e di essersi laureato sulle iscrizioni dei Tesorieri di Atena, sparpagliate tra dimenticati lapidari Peloponnesiaci e il Museo Epigrafico di Atene.

Così, su salde basi classiche (è il caso di dire), da qualche anno il figlio di Alberto ha preso il testimone passato di generazione in generazione fin dal 1860, ossia da quando Emanuele Subert (1830–1888) aprì la prima galleria di antiquariato al numero 2 di via Monte di Pietà a Milano.

150 anni di storia antiquariale, dove si intrecciano varie sedi prestigiose con vendite a collezionisti entrati nel mito, come Frederick Stibbert o i fratelli Bagatti Valsecchi. Un’eredità che sembrerebbe pesante, se Michele non scrollasse le spalle con modestia, e un sorriso. «Sono un mercante vecchio stile», dice di sé, e quando gli si chiede di nominare un’oggetto che gli è rimasto nel cuore ricorda il ciborio d’argento del 1554 di Bonconte de’ Bonconti. Perché la specialità del Subert, è rimasta quella dei suoi predecessori, che vendevano al Poldi Pezzoli: strumenti scientifici, maioliche italiane, globi celesti e terraquei e Works of Art, ossia oggetti da Wunderkammer. Non è un caso se la galleria nasce a Milano, la città di Manfredo Settala, che del Subert avrebbe potuto essere buon cliente.