vita d'antiquari

Simone Facchinetti

Maurizio Nobile

Innamorato della bellezza


Gli inizi
Avevo diciott’anni quando cominciai a visitare gli antiquari di via del Babuino a Roma. Proprio frequentando le loro botteghe è nata la mia passione per l’arte e l’antiquariato.
Quando nel 1987 decisi di intraprendere un’attività in proprio scelsi l’arte Neoclassica che in quegli anni era poco trattata in Italia. Aprii un piccolo negozio in via San Gervasio a Bologna, la mia città natale, per poi spostarmi nell’incantevole Piazza Santo Stefano, dove tutt’ora ha sede la mia galleria.
Nel corso degli anni il mio gusto è cambiato e i miei interessi si sono modificati. Al Neoclassicismo ho affiancato oggetti, mobili, sculture e dipinti di altre epoche, fino a consacrare le mie ricerche intorno a dipinti e sculture, dal XVI al XX secolo.
Nel 2010 ho aperto una sede a Parigi, città che amo moltissimo e dove possiedo una casa da anni, introducendo anche il disegno (antico e moderno) e scoprendo un nuovo amore e una “tipologia” di collezionisti che considero a sé stante. In genere si tratta si grandi conoscitori, molto preparati anche dal punto di vista tecnico, sempre alla ricerca di novità.

Scoperte memorabili
I dipinti che mi hanno emozionato durante la mia carriera sono stati tanti, uno dei più significativi è un dipinto di Nicolas Tournier raffigurante Sant’Andrea. Quando vidi l’opera per la prima volta mi vennero i brividi. Lo stato di conservazione era perfetto: si potevano vedere a occhio nudo dei piccoli pentimenti nella mano del Santo che rendevano ancora più vibrante la pittura di questo intrigante caravaggesco.
L’opera oggi è in una collezione privata francese. Il nuovo proprietario è un sofisticato amatore, un ex collezionista di arte contemporanea che frequentando la mia galleria parigina ha cominciato ad appassionarsi all’antico. Sono felice che l’opera sia nelle sue mani, anche perché grazie alla sua generosità il dipinto ha partecipato a diverse mostre internazionali (Monaco, Utrecht, Tokio).
Uno dei disegni che mi ha appassionato di più, sia per la bellezza sia per il suo valore documentario, è un grande foglio di Biagio Pupini raffigurante la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, preparatorio – o precoce d’après – dell’affresco, realizzato assieme al Bagnacavallo, nel refettorio del Monastero di San Salvatore a Bologna. L’opera, oggi perduta, ebbe grande risonanza all’epoca: si conosce l’incisione e ne sono sopravvissute diverse versioni grafiche, tra le quali la più celebre (al Louvre) di mano del Bagnacavallo. Quest’ultima rispetto al nostro foglio difetta in stato di conservazione e in freschezza del segno, contrariamente alla prova grafica di Pupini dove le grandi dimensioni del foglio consentono generose lumeggiature che rendono vivacissima la scena, i cui dettagli non si finisce mai di osservare. L’opera è finita in una delle più importanti collezioni di grafica al mondo. I proprietari hanno scelto, tra i criteri di selezione, l’acquisizione di disegni che siano stati tradotti in incisione.
In una collezione privata di Bologna ho scoperto una scultura policroma di Nicolò dell’Arca. L’opera – allora anonima – raffigura il busto di una monaca, solo successivamente identificata con Santa Giuliana de’ Banci molto venerata in città durante il Medioevo e il Rinascimento. Il soggetto era oggettivamente poco accattivante ma la qualità era straordinaria. Lo sguardo della monaca è stralunato e allo stesso tempo penetrante e questo la rendeva ai miei occhi magnetica: che dietro quella scultura ci fosse un grande maestro era per me del tutto evidente. Così, nonostante i giudizi impietosi sull’opera da parte di alcuni colleghi e clienti, ho proseguito le mie ricerche, affidandomi a storici dell’arte qualificati che sono riusciti a dimostrarne l’attribuzione. Al di là del nome io continuavo a pensare che l’opera dovesse travalicare i confini nazionali e che avrebbe “incontrato” sicuramente il gusto internazionale. Alla fine la mia perseveranza è stata premiata. L’opera, tramite lo stimato collega Sacha Meringer, è approdata al Metropolitan Museum di New York.

Le ragioni
Una volta le ragioni per svolgere questa professione potevano essere anche centinaia, ora sono pochissime. La passione è il motore che mi fa andare avanti. Anche la dipendenza mi obbliga ad andare avanti: ogni volta la scoperta di una nuova opera crea in me un’emozione di cui oramai non posso più fare a meno. Infine mi sprona la necessità: alla mia età mi sono talmente specializzato che non potrei immaginarmi in nessun altro settore. Per fare questo lavoro ci vogliono quattro doti essenziali che iniziano con la P: pazienza, passione, perseveranza e psicologia.

Il futuro
Il nostro mestiere è cambiato e bisogna adeguarsi ai nuovi sistemi di mercato per poter immaginare un futuro. Dato che sono una persona positiva penso che la categoria saprà cogliere la sfida. Io almeno ci provo.