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Marco Riccòmini

Berensoniana

Fiumi di parole sulla “mia biblioteca, le mie passeggiate, i miei pochi amici fedeli, le mie meditazioni, i miei sogni ad occhi aperti”

Forse per renderlo più attraente, Echi e riflessioni (diario 1941-1944), il diario che Bernard Berenson riempì a Firenze dal 1941 al 1944, pubblicato da Mondadori nei Quaderni della Medusa nel 1950 quando finì nelle mani dell’editore statunitense Simon and Schuster divenne Rumor and Reflection: War Diary 1941-1944 (New York 1952). Si pensò bene, ossia, di aggiungervi quel “War Diary” (diari di guerra) perché la guerra vende sempre bene, specie quando è da poco terminata con una vittoria. Ora La nave di Teseo ristampa quel testo (con la stessa traduzione in italiano di Guglielmo Alberti) senza, però, la bella fotografia del celebre storico dell’arte lituano ritratto dal fotografo russo-ucraino Dmitri Solomonovich Keselman, meglio noto come Dmitri Kessel (“Kessell”, nell’edizione del 1952), sprofondato in una poltrona nel suo studio a I Tatti, a Settignano. Curiosamente, in tedesco “Kessel” significa “calderone”, nome che viene anche usato per indicare la sacca entro la quale un esercito è circondato dal nemico. Tristemente famoso (anche per noi) rimase quello di Stalingrado, dove la sesta armata tedesca (e i resti dell’Armir, l’Armata italiana in Russia) si arrese ai russi nei primi giorni di febbraio 1943. Ma di Stalingrado, nei diari di “guerra”, non si parla. In compenso, impermeabile al mondo e ai suoi rovesci, si ci sono fiumi di parole su «my library, my walks, my few faithful friends, my meditations, my daydreams» (“la mia biblioteca, le mie passeggiate, i miei pochi amici fedeli, le mie meditazioni, i miei sogni ad occhi aperti”; e la traduzione è mia). Lucky boy.