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Marco Riccòmini

Ça Irá

Trenta tra i più iconici dipinti della produzione post-bellica di Corrado Cagli sono radunati a fianco d’un gruppo di opere d’arte antica selezionate per l’occasione

«Andrà bene, andrà bene», ripeteva a mo’ di mantra Benjamin Franklin (Boston, 1706 – Filadelfia, 1790), magari facendo le corna con le dita infilate nelle tasche della redingote, quando durante il suo soggiorno parigino gli chiedevano delle sorti della “sua” rivoluzione americana. Anche Carducci fece suo quel modo di dire scaramantico, scegliendolo come titolo della sua serie di dodici sonetti a memoria della rivoluzione francese, durante la quale i giacobini ripetevano i versi d’una canzone il cui ritornello faceva, appunto: «ça irá, ça irá. La liberté s’établira, Malgré les tyrans tout réussira (andrà, andrà. La libertà s’affermerà, malgrado i tiranni tutto riuscirà)» (aggiungendo, però, che gli aristocratici li avrebbero appesi ai lampioni...). Ça ira è anche il titolo dell’opera capitale di Corrado Cagli (Ancona, 1910 – Roma, 1976), definita la sua Guernica, esposta alla mostra Cagli 1947 – 1959 che Antichità Alberto Di Castro dedica al pittore presso la propria sede romana di piazza di Spagna (a cura di Alberto e Denise Di Castro, Gian Enzo Sperone e Yuri Tagliacozzo, in collaborazione con l’Archivio Corrado Cagli, fino al 5 maggio; catalogo edito da Silvana Editoriale). Riparato in Francia, quindi a New York, per via delle leggi razziali, Cagli fa ritorno in Europa con l’uniforme dell’esercito americano. Trenta tra i più iconici dipinti della sua produzione post-bellica sono ora radunati a fianco d’un gruppo di opere d’arte antica selezionate per l’occasione. Quando ho chiesto ad Alberto una previsione sull’interesse per la mostra, la risposta era scontata: «Ça irá».