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Marco Riccòmini

Annual Transylvanian Convention

La sorpresa è che, a dispetto della rarità, per acquistarne uno non ci si dovrà svenare...

Prima o poi – usa dire – tutti i nodi vengono al pettine. Non le grane che ci assillano e che, ignorandole, speriamo che svaniscano, come per magia. Bensì, in questo caso, i nodi coi quali si fabbrica un tappeto. Aggiungerei che il pettine del modo di dire è quello col quale si impomatava all’indietro i folti capelli neri l’ungherese Bela Lugosi, passato alla storia del cinema per aver vestito i panni del conte Dracula nel film tratto dal romanzo di Bram Stoker diretto nel 1931 da Tod Browning. Dracula? Proprio lui. Perché la storia che stiamo per raccontare è ambientata in Transilvania. Dove, in una notte buia e tempestosa, il nostro eroe (Mirko Cattai) giunse a bordo d’un tiro a quattro nei pressi d’una locanda. Può sembrare l’inizio un romanzo (o di un film), ma il viaggio nella sperduta regione della Romania, un tempo parte dell’impero Ottomano, c’è stato davvero (anche se il diretto interessato nega d’aver dormito quelle notti di luna piena con una corona d’aglio attorno al collo), e le foto della Biserica Neagra (chiesa nera) di Brașov adorna dei tappeti anatolici detti, appunto, Transilvania, pubblicate sul catalogo della mostra Anatolian Rugs from the Ottoman Empire, fanno venir voglia di saltare a cavallo e partire (magari con un proiettile d’argento in tasca). Ma per chi non se la sentisse di affrontare il viaggio basterà visitare la galleria di via Manzoni per riempirsi gli occhi coi 30 esemplari declinati negli affascinanti motivi del Memling, Lotto, Bellini e Tintoretto. E la sorpresa è che, a dispetto della rarità, per acquistarne uno non ci si dovrà svenare...