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Simone Facchinetti

Indagini su Piero di Carlo Ginzburg

Un classico da riprendere in mano

Che il libro Indagini su Piero di Carlo Ginzburg sia oramai divenuto un classico della materia lo dimostra il numero delle sue edizioni (oltre che delle traduzioni). Uscito per la prima volta nella collana Microstorie Einaudi nel 1981 è stato ripubblicato dallo stesso editore nel 1994, arricchito da quattro nuove appendici. Sono saggi che dimostrano la fedeltà dell’autore all’argomento studiato, ovvero la necessità di ritornare a riflettere sui vari aspetti sollevati nel libro, oppure rispondere alle critiche che da molti fronti gli sono arrivate.

Il recente volume pubblicato da Adelphi è arricchito da una nuova Postfazione, intitolata Forme nel tempo. Ancora sulla data della Flagellazione. A distanza di oltre quarant’anni il libro ha mantenuto tutto il suo fascino, perché il lettore è chiamato a partecipare a una ricerca in presa diretta, articolata e complessa sulla committenza di Piero della Francesca. È curioso che l’autore si definisca “un non storico dell’arte” quando il risultato delle sue indagini ha avuto un impatto così profondo in quella disciplina. Bisognerebbe nominarlo storico dell’arte onorario, per meriti guadagnati sul campo.

Uno dei punti che emergono con maggiore chiarezza negli interessi attuali di Ginzburg è quello della datazione. Come si fa a datare un’opera? Quando possiamo parlare di datazione assoluta e quando di datazione relativa? Non voglio togliervi il piacere della lettura, solo suggerirvi di iniziare dalla Postfazione, continuare coi tre saggi sul Battesimo di Londra, il Ciclo di Arezzo e la Flagellazione di Urbino, infine passare alle quattro appendici. Una in particolare, la seconda, non può non colpire l’attenzione del lettore, per il semplice motivo che contiene una frase sapienziale del genere: “La riflessione su un fallimento può essere altrettanto (e forse più) istruttiva della riflessione su un successo”.