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Leonardo Piccinini

De Castro da…Di Castro

Una brocca e un bacile con la mitica vicenda dell’antenato Megollo in mostra fino al 15 gennaio, insieme a una parata di opere di grande importanza, da Donatello a Giulio Romano fino a quattro disegni di Gustav Klimt

Negli anni di Megollo (ovvero Domenico) Lercari, siamo all’inizio del Trecento, Genova dominava i mari, arrivando a stabilire empori fin nella lontana Trebisonda, sul Mar Nero. Qui resisteva sotto i Paleologi un residuo dell’Impero bizantino, e Megollo divenne uomo di fiducia dell’imperatore Alessio II. Racconta lo storico Riccardo Musso: “attiratosi le gelosie dei cortigiani greci, il Lercari fu pesantemente insultato, nel corso di una partita a scacchi, da un certo Andronico, un giovane e avvenente favorito; non avendo ottenuto soddisfazione dall'imperatore per l'offesa subita, si allontanò furibondo da Trebisonda, giurando vendetta. Rientrato a Genova, con l'aiuto del suo numeroso clan familiare e con il permesso del Comune armò due galee e si diresse nuovamente nel Mar Nero, deciso a vendicarsi dell'imperatore e delle offese fatte al nome genovese. Con estrema ferocia egli si lanciò all'attacco di città e villaggi costieri, sbaragliando in più riprese le navi che l'imperatore gli inviava contro. Ai numerosi prigionieri riservava un terribile castigo, facendo tagliare loro, secondo un'usanza tipicamente bizantina, il naso e le orecchie che poi conservava, in salamoia, entro vasi appositi. La vista di questi trofei, inviati a Trebisonda tramite un vecchio prigioniero e i suoi due figli, ai quali aveva risparmiato la mutilazione, convinse l'imperatore a venire a patti con il Lercari e a consegnargli il cortigiano Andronico, causa della sua indignazione. Al greco, inginocchiatosi in lacrime davanti a lui, egli risparmiò la vita, dopo avergli detto, con scherno, che "Genoesi mai incrudeliscono contra donne", facendo un pesante riferimento ai suoi presunti legami intimi con l'imperatore. Alessio II, per sdebitarsi del favore ricevuto, offrì al Lercari ricchi doni, ma egli rifiutò ogni cosa, soddisfatto di avere vendicato l'onore suo e dei Genovesi, solo chiedendo che l'imperatore concedesse ai suoi compatrioti un fondaco dotato di ampi privilegi, al cui ingresso un dipinto o un'iscrizione ricordasse ai posteri quanto era stato all'origine della sua fondazione: cosa che l'imperatore prontamente eseguì”.


“Non sono molti gli argenti profani da parata del Cinquecento che si sono conservati”


Due secoli dopo, i genovesi non si dedicavano più ai mari ma alle banche, prestando a mezzo mondo e diventando ricchissimi. Siamo negli anni in cui Luca Cambiaso affresca sontuosi palazzi, alcuni dei quali si affacciano in te Stradde Nêuve, la strada più moderna d’Europa, l’attuale via Garibaldi. Ecco allora che all’argentiere portoghese Antonio De Castro la famiglia Lercari commissiona una brocca e un bacile con la mitica vicenda dell’antenato Megollo, giunti miracolosamente ai giorni nostri. “Non sono molti gli argenti profani da parata del Cinquecento che si sono conservati”, commenta Alessandra Di Castro, che li ospita presso la sua galleria di Piazza di Spagna fino al 15 gennaio (su appuntamento), insieme a una parata di opere di grande importanza, da Donatello a Giulio Romano fino a quattro disegni di Gustav Klimt, ottimo viatico per una visita all’eccellente mostra di Palazzo Braschi.