notizia

Marco Riccòmini

Il tributo della moneta

Gli esordi del pittore rimangono ancora oggi avvolti nell’oscurità

Sostiene Baldinucci che Orazio (Riminaldi) «desideroso di perfezionarsi nell’arte della pittura se n’andò a Roma», dove si fece le ossa «sotto la scorta del Gentileschi e d’altri de’ più celebri maestri». Caravaggio? Quello era già un mucchio di ossa (e il suo nome serve solo, come al solito, a sviare le indagini). Si parla – aprite bene le orecchie – del «Domenichino [!] e di Bartolommeo Manfredi». Dopotutto – direte – «gli esordi del pittore rimangono ancora oggi avvolti nell’oscurità», come recita la voce sul pittore nel Dizionario Biografico degli Italiani (2016) e come si addice a chi sta «tra Caravaggio e Gentileschi».


"Eppure, all’uscita della mostra Orazio Riminaldi. Un Maestro pisano tra Caravaggio e Gentileschi è venuto da chiedersi se la maschera, staccato il biglietto, non ci abbia indicato la sala sbagliata."


Eppure, all’uscita della mostra Orazio Riminaldi. Un Maestro pisano tra Caravaggio e Gentileschi, organizzata dall’Opera della Primaziale Pisana e curata da Pierluigi Carofano e Riccardo Lattuada (Pisa, Palazzo dell’Opera del Duomo, fino al 5 settembre 2021), è venuto da chiedersi se la maschera, staccato il biglietto, non ci abbia indicato la sala sbagliata. Perché anziché assistere ad una ricostruzione della sua opera pittorica, sia pur con le incertezze del caso, livellata però sul Caino e Abele di Palazzo Pitti, si è usciti con l’impressione di aver visto una vecchia pellicola dal finale già noto: Il tributo della moneta. Non un dipinto neotestamentario (magari), bensì un Mix Match di brutte copie da Vouet o Artemisia e così via (e hai voglia a scrivere “bottega” oppure “e aiuti”) che viene solo da augurarsi che ne sia valsa la pena, per così dire. Uscendo, abbagliati da ciò che ci circonda, per poco il cor non si spaura.