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Marco Riccòmini

FMR

Davanti a un Negroni alla buvette del Purgatorio, FMR racconta l’incontro con Bodoni a Daverio...

Chissà che magari il Limbo ci sia davvero. E che lì, tra le fiamme dabbasso e il ciel sereno lassù, se ne stiano pigiati ad aspettare che il tempo passi, dimenticandosi che non passerà mai. E se poi quel nonluogo, dove forse non si sta neanche male, fosse suddiviso per regioni, tanto è grande il mondo, allora saprei cosa sta facendo. Lo vedo esitare, attratto dall’odore della carta, le mani nelle tasche della Ledertracht, davanti a una porta socchiusa. Intravede un grande tavolo nel mezzo di una stanza luminosa. Avvicina la mano alla maniglia quando, d’un tratto, ode una voce baritonale: «Avanti; entri!» Gli si drizzano i capelli in testa ma, vincendo la paura, va avanti. A parlare è un omone che gli dà la schiena, intabarrato in un pastrano verde menta, i capelli sale e pepe tirati all’indietro. «La stavo aspettando», dice senza girarsi. «Parla con me?», chiede FMR con un mezzo sorriso. «Guardi qui», dice quello, spostandosi di lato e aprendo, con mani spesse e nere d’inchiostro, un grande volume dai fogli bianchi come il latte. «L’ha stampè mi mojere. At pies?», dice girandosi. FMR è scosso da un tremore. «Ma è il Manuale Tipografico! Stampato da sua moglie? Ma, allora... Signor Bodoni: Maestro... non ho parole!». Più tardi, davanti a un Negroni alla buvette del Purgatorio, racconta l’incontro a Daverio: «Io credo ch’ei – intendo Bodoni – credette ch’io credesse» ... «Se ricordo bene quello è l’Inferno, Franco – lo interrompe Philippe, indicano il basso con lo sguardo –; piuttosto, perché non gli chiedi se lo stampate assieme? Perfetto su fondo nero. Ci diamo del tu, vero?».