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Simone Facchinetti

Le regole del gioco: 3

Se hai un tarlo che ti rode, lascialo mangiare in santa pace.

Lo storico dell’arte osserva i quadri attraverso una lente deformante. Anche il mercato lo vede da un binocolo, spesso afferrandolo capovolto. Certo ne capisce i meccanismi ma è tenuto a non rispettarli, soprattutto se ha sviluppato qualche passione “particolare”, per un artista, un’opera, una storia.
Personalmente ho sempre avuto un debole per Vincenzo Campi, non tanto per le celebri scene di mercato, piuttosto per i suoi quadri a luce artificiale. Perciò quando me ne è venuto a tiro uno non ho potuto resistere e, bang, ho sparato. Nonostante l’opera fosse compromessa sotto il profilo conservativo, nonostante sapessi che il suo valore commerciale era prossimo allo zero, il tarlo ha iniziato a scavare un profondo cunicolo nella mia mente. La ragione mi bisbigliava di stargli alla larga, il cuore me l’ha fatto comprare. Dopo essermelo aggiudicato l’ho portato dal restauratore che si è messo le mani nei capelli. Imperterrito gli ho chiesto di procedere con la pulitura. Via via che rimuoveva strati di vernici e ridipinture emergevano brani originali. Somigliavano a dei diamanti affiorati in mezzo a una distesa di vetri affilati: meglio non toccarli.
Non so ancora come sarà il risultato finale, tuttavia me lo posso immaginare. Al termine del restauro ci saranno isole di pura pittura in mezzo a zone bombardate. L’occhio si aggrapperà alla mano nervosa dello spettatore stupito ripreso in primo piano.
La conoscenza delle regole del gioco avrebbe dovuto tenermi lontano da un simile passo falso. Tra qualche tempo il dipinto sarà appeso alla mia libreria, ricordandomi ogni giorno che ho commesso un errore. Il tarlo è comunque contento, perché l’ho lasciato mangiare in santa pace.