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Marco Riccòmini

THE JACKSON [FIVE] FOUR

Proporrei di lasciare invariati i monumenti sostituendo però le teste con quelle dell’unico Jackson che oggi può trovare consenso nel pubblico americano, il Michael dei Jackson Five.

«Occhio – avverte il capo della Casa Bianca, rivolgendosi a quei sediziosi che hanno cercato di abbattere il monumento ad Andrew Jackson a Washington – che in forza del Veteran’s Memorial Preservation Act vi beccate 10 anni di carcere!». Nel tweet viene definito «magnificent», ossia meraviglioso. Dopotutto, pare che, non solo sia stata la prima statua in bronzo eretta negli Stati Uniti, ma che sia anche il primo monumento equestre al mondo a poggiare unicamente sulle zampe posteriori del cavallo, un gioco di equilibrismo che non era riuscito neanche a Bernini; e si narra di come il suo autore, Clark Mills (1810–1883), avesse ammaestrato il suo ‘fotogenico’ cavallo Olympus a impennarsi durante le sessioni di posa. Presentata nel gennaio 1853, nel trentottesimo anniversario della Battaglia di New Orleans, vinta da Jackson sugli inglesi, la statua riscosse un tale successo che allo scultore ne vennero richieste altre due, destinate a New Orleans (1856) e Nashville (1880), mentre un’altra è stata inaugurata a Jacksonville nel 1987. Sono dunque quattro i Jackson che rischiano il linciaggio.

Visto l’accanimento di questi giorni sui simboli del potere razzista (si dice che il generale statunitense fosse un negriero), proporrei di lasciare invariati i monumenti sostituendo però le teste dell’eroe dell’American Revolutionary War con quelle (che commissionerei a Jeff Koons) dell’unico Jackson che oggi può trovare consenso nel pubblico americano, il Michael dei Jackson Five.

In bronzo? Qualcosa mi dice che The King of Pop avrebbe preferito in marmo bianco. O anche no.