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Marco Riccòmini

THE REYES EFFECT

Anche chi resisteva all’avanzare della tecnologia si è arreso aprendo un account Instagram

C’è chi pronostica che, col lockdown, salirà la curva delle nascite, e già qualcuno ha affibbiato ai suoi neonati il nome del virus che ci affligge. E visto che, causa della reclusione, è cresciuto pure il traffico sui social, non stupirebbe se venissero registrati all’anagrafe anche Lux, Reyes o Valencia; non eroi d’una soap-opera, ma nomi di filtri che permettono di modificare le immagini su Instagram. La sponda digitale appare a molti come la soluzione all’incognita che grava sul nostro lavoro (e non solo), specialmente in un futuro di ‘distanziamento sociale’. Così, anche chi resisteva all’avanzare della tecnologia si è arreso aprendo un account Instagram; dove, a differenza di altri social network, alle parole, ridotte ad hashtag, si sostituisce il linguaggio di immediata comprensibilità dell’immagine. Se poi aggiungiamo un video, la più visitata piattaforma di condivisione di ‘istantanee’ può apparire come una ideale vetrina virtuale.


"Non occorre alcun filtro speciale; basta ‘solo’ saper raccontare una storia. Come imparare? Tornando a leggere, ad esempio; senza guardare solo le figure."


E anche nel social ‘analfabetico’ le storie possono continuare a incantare, a patto di padroneggiare lo storytelling (come il gallerista-bardo inglese di Art in Isolation (oltre 42mila follower). Si potrebbe trarre spunto da maestri della narrazione, come il Metropolitan Museum of Art di NY che, persino con un film muto A Visit to the Armor Galleries (1924), dalla teca digitale From The Vaults realizza più di 56mila visualizzazioni. Non occorre alcun filtro speciale; basta ‘solo’ saper raccontare una storia. Come imparare? Tornando a leggere, ad esempio; senza guardare solo le figure.