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di Simone Facchinetti

La versione di Casimiro Porro

Passato e futuro del mercato dell’arte in un libro di ricordi e riflessioni.

Oramai le principali case d’aste, così come gli antiquari che hanno un passato alle spalle, tendono a storicizzarsi. Lo fanno con gli strumenti dell’editoria, pubblicando libri in cui ricostruiscono la loro vicenda terrena, in genere fatta di soli successi: per l’aldilà c’è tempo. Si presentano, a tutti gli effetti, come prodotti autopromozionali e servono ai clienti, passati e futuri, per corroborarli nell’idea che si sono messi nelle mani giuste. L’ultimo libro di Casimiro Porro (Per le strade dell’arte. Ricordi e riflessioni di un protagonista, tra mercato e istituzioni, con il contributo di Gianpietro Borghini, Skira editore) rientra solo in parte in questa categoria. Il volume è costituito da due segmenti, nettamente distinti. Nel primo è ripercorsa la storia della Finarte tramite alcuni incanti memorabili e attraverso le relazioni professionali e d’amicizia che l’autore (cofondatore della casa d’aste) ha intrattenuto con personaggi del calibro di Testori, Volpe, Zeri, Briganti e Volponi. Ho lasciato per ultimo il nome di Gianfranco Ferroni perché tutto è iniziato grazie a lui, come sottolinea con sincero trasporto l’autore.


"Non si può quindi parlare di una semplice testimonianza tesa alla ricostruzione del passato, emerge sempre il desiderio, da parte del protagonista, di proiettarsi in avanti, di provare a immaginare come andranno a finire le cose."


Il libro, fino a questo punto, mescola ricordi personali con riflessioni più generali, come nel capitolo dedicato al Mercato dell’arte in Italia: bilanci e prospettive. Non si può quindi parlare di una semplice testimonianza tesa alla ricostruzione del passato, emerge sempre il desiderio, da parte del protagonista, di proiettarsi in avanti, di provare a immaginare come andranno a finire le cose. È in questa linea che si inserisce il secondo segmento del libro, dedicato a quattro collezionisti che hanno conquistato posizioni di rilievo negli ambiti in cui sono stati trascinati dalle rispettive, personalissime, passioni: Mario Scaglia, Guido Rossi (scomparso quasi due anni fa), Giuseppe Iannaccone e Francesco Micheli. Queste interviste hanno un sapore più vivo e in certi punti sono esilaranti, come quando Scaglia ricorda, in tono gaddiano, l’origine del virus collezionistico che ha contratto da ragazzo: “In tempo di guerra, poi, erano venute sfollate a Brembilla due signorine le quali, per colpa della svalutazione, erano rimaste in forti difficoltà finanziarie. Allora mia madre mandava da loro tutti noi bambini a prendere lezioni di pittura e di pianoforte. Erano due anziane signorine vecchia maniera, vestite con l’abito lungo e con il collarino: così è cominciata la mia rovina”.