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Sulla vendita di un'opera di Alberto Burri in America

Un episodio come quello raccontato dal Professor Montanari non dovrebbe essere trattato come un’azione di malaffare o come una furbata ma semplicemente come l’esercizio di un diritto poiché la legge oggi lo permette.

A seguito degli ultimi avvenimenti relativi all’esportazione di un’opera di Alberto Burri in America, l’Associazione Antiquari d’Italia (AAI) desidera portare il proprio contributo alla discussione in atto. E lo fa partendo dall’articolo di Tomaso Montanari pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” del 9 ottobre e da quello pubblicato due giorni dopo in risposta a Philippe Daverio.

Spesso gli operatori del mercato dell’arte sono definiti “mercanti senza scrupoli” e depauperatori del patrimonio culturale italiano, dediti alla mera commercializzazione degli oggetti d’arte. Gli antiquari, come tutte le imprese, fanno parte del tessuto economico di un Paese e come tali si muovono in una logica di profitto ma non a tutti i costi. Molte sono le limitazioni e i vincoli ai quali i mercanti devono sottostare, vincoli che di fatto impediscono di stare al passo con le realtà internazionali più avanzate. La vendita all’estero di opere d’arte è molto farraginosa, e per le opere di oltre 70 anni bisogna ottenere un attestato di libera circolazione né rapido né scontato. Se da un lato è necessario evitare la dispersione nel mondo delle opere nazionali importanti, d’altra parte non sostenere il mercato e anzi limitarlo impedisce agli antiquari italiani di competere con i mercanti internazionali, relegando le loro attività entro i confini nazionali e incoraggiando, fortunatamente solo in alcuni casi, il mercato clandestino, che prospera proprio dove le norme di tutela sono particolarmente severe.

Vorremmo ricordare anche che circoscrivere l’attività dell’antiquario alla sola commercializzazione è irriguardoso verso chi, con risorse proprie, partecipa attivamente alla salvaguardia del patrimonio artistico e al recupero di opere importanti rintracciate sul mercato internazionale per riportarle in Italia, oppure verso chi con grande generosità permette, sempre con risorse proprie, la pubblicazione di volumi d’arte; il mercato d’arte sostiene la ricerca e gli studi scientifici in campo artistico e culturale.

Vorremmo sottolineare poi al Professor Montanari che la riforma Franceschini, a nostro parere molto tiepida, risponde all’esigenza di velocizzare le procedure per il rilascio degli attestati di libera circolazione; per non mortificare il lavoro degli Uffici Esportazione spesso alle prese con oggetti di poco conto e non per fare uscire opere d’arte senza alcun controllo. L’esportazione di opere d’arte realizzate più di 50 anni fa ma meno di 70 è sottoposta a un iter che prevede una sorta di autocertificazione. Sta poi alla sensibilità e alla conoscenza dei membri delle varie commissioni riconoscere un oggetto degno o meno di tutela. E qui il discorso è più complesso.

Un altro aspetto spesso ignorato riguarda alcune realtà museali oggi tramandate a noi grazie alla generosità degli antiquari che hanno saputo raccogliere, qualificare, valorizzare, presentare tutta la molteplice, variegata realtà dell’arte italiana, e non a caso in molte città gli antiquari hanno costruito dei veri e propri musei: tra tutti il Museo Bardini, il Museo Horne, il Museo di Palazzo Davanzati, la Fondazione Salvatore Romano a Firenze; la Fondazione Ivan Bruschi ad Arezzo…

Crediamo che la tutela in Italia abbia raggiunto livelli veramente alti e le maglie per portare all’estero opere importanti siano realmente molto strette. Le opere di significativa importanza in mano privata sono per lo più tutte notificate, con svantaggi inimmaginabili per i detentori e senza una vera valorizzazione. Un episodio come quello raccontato dal Professor Montanari non dovrebbe essere trattato come un’azione di malaffare o come una furbata ma semplicemente come l’esercizio di un diritto poiché la legge oggi lo permette; e se lo permette è perché gli autori delle opere sono ben rappresentati nei vari musei italiani oppure vi sono interi musei a loro dedicati: è il caso di Città di Castello, dove Alberto Burri nacque nel 1915, con la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri.

L’AAI non può che essere solidale con la Signora Crespi la quale ha esercitato un diritto tutelato dalla nostra amata Costituzione.

La proprietà privata non può essere messa in discussione.