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di Leonardo Piccinini

Percorsi disordinati e classicità

Mostre, restauri, riaperture tra Settembre e il mese successivo.

Caronte, Lucifero, Polifemo e (finalmente) Poppea: le ondate di calore tremendo che hanno reso impraticabile la Penisola, dedicate (guarda caso) a celebri nomi della mitologia, e l’atteso, rinfrescante ciclone con il marchio dell’intrigante moglie di Nerone, spingono il viaggiatore curioso d’Italia a concentrare i propri interessi in questo mese, complice una serie di mostre ancora in corso e da inaugurare, restauri, riaperture tra Settembre e il mese successivo.

La classicità a cui perfino i cicloni si riferiscono è il grande fiume carsico che riemerge nei secoli in tutta l’arte figurativa, sempre con lo sguardo rivolto a quel passato greco e romano costantemente studiato, ammirato o semplicemente vagheggiato. Fonte iconografica prediletta le Metamorfosi del sulmonate Ovidio, al quale il Museo Archeologico Nazionale di Napoli dedica fino al 16 ottobre la mostra Amori divini: opere dall’Ermitage, dal Getty, dai Vaticani per i duemila anni dalla morte (in esilio) del poeta latino che ci ha consegnato quell’”imponente e straordinario serbatoio iconografico per la rappresentazione dei miti antichi, spesso legati alle peripezie amorose di uomini e dei. Alle fonti greche preesistenti e alla prismatica fantasia di Ovidio dobbiamo molte invenzioni, ma non certo quella dell'happy end. Le sue storie di più lungo e duraturo successo nelle arti figurative hanno spesso una conclusione tragica in cui le lacrime e la morte sono riscattati dalla trasformazione degli sventurati protagonisti in fiori, astri, fiumi e pietre; e il fascino ancora attuale delle Metamorfosi e delle sue immagini sta proprio nell'aver reso labili e in continuo mutamento i confini dei corpi umani, nell'aver raccontato le trasformazioni fisiche degli esseri viventi come conseguenze degli amori, delle passioni, delle decisioni sbagliate” (Francesca Cappelletti).


"Fonte iconografica prediletta le Metamorfosi del sulmonate Ovidio, al quale il Museo Archeologico Nazionale di Napoli dedica fino al 16 ottobre la mostra Amori divini: opere dall’Ermitage, dal Getty, dai Vaticani per i duemila anni dalla morte (in esilio) del poeta latino..."


Da un anniversario all’altro, sempre al Museo Archeologico (fino al 25 settembre) il trecentenario (1717) della nascita di Johann Joachim Winckelmann, il sassone massimo teorico del Neoclassicismo al centro di una piccola raffinata mostra (un’altra gli sarà dedicata a ottobre alla Biblioteca Braidense di Milano) che nasce da un lungo progetto di studio della penultima opera dello studioso, l’unica in italiano: Monumenti antichi inediti uscì nel 1767, per saperne di più un corposo catalogo bilingue di Skira, che sta pure per dare alle stampe (20 settembre) l’ultima fatica di Pierluigi Panza, Museo Piranesi (cinquecento pagine ricchissime di indicazioni su vita e opere dell’altro big del classicismo settecentesco).

Risalendo per la Capitale, l’8 agosto si sono celebrati i 1900 anni (117 d.C.) della morte di colui che portò l’impero romano al massimo della sua estensione (10159 km di confini): Traiano. Da novembre il grande complesso del Foro romano che ne porta il nome ospiterà una mostra dedicata all’imperatore e all’uomo, con notevoli informazioni sul “cerchio magico” femminile che ne condivise il potere. Nell’attesa è bene tornare a visitare la più splendida delle dimore romane, la Villa che il successore Adriano fece edificare a Tivoli: qui il 29 luglio ha riaperto il cosiddetto Teatro Marittimo, in realtà la biblioteca della villa, il luogo prediletto dell’imperatore, al quale un restauro di tre anni ha restituito piena leggibilità.


"Nell’attesa è bene tornare a visitare la più splendida delle dimore romane, la Villa che il successore Adriano fece edificare a Tivoli..."


Classicità infinita: nella terra del marmo, Carrara, intorno a un significativo gruppo di sculture prestate dall’Ermitage, la mostra Dopo Canova. Percorsi della scultura a Firenze e a Roma presenta le numerose declinazioni dell’insegnamento del genio di Possagno, dopo la caduta dell’impero napoleonico. A Bologna, invece, è appena arrivato in Pinacoteca Nazionale uno dei capolavori di Guido Reni, Ercole e Dejanira (di nuovo le Metamorfosi !) proveniente dal Louvre, che conserva anche le altre tre tele commissionate da Ferdinando Gonzaga nel 1617 per la sua sfarzosa dimora di campagna, la Favorita (oggi in solitaria, “piranesiana” rovina presso Mantova, merita una visita!). Il prestito è stato reso possibile nell’ambito di uno scambio: la Strage degli innocenti , altro memorabile dipinto di Guido Reni, è ora al Castello di Chantilly, dove è allestita una mostra promossa dal direttore del Louvre Pierre Rosenberg che affronta il cruento soggetto biblico nel corso della storia dell’arte da Poussin a Picasso. La Strage di Bologna è uno dei pezzi forti dell’intero percorso.