giornalearte

I cataloghi degli Antiquari

Aggiunte alla Conoscenza

La specializzazione verso la quale i nostri tempi stanno inducendo i vari settori mercantili ed industriali rispecchia l'esasperazione di un certo tecnicismo che, invece di essere il supporto necessario ad una maggiore conoscenza, diviene il fine dell'operare e della ricerca.
Anche l'antiquariato sembrerebbe cadere nell'errore di una eccessiva specializzazione, ma in realtà il background umanistico che sottende una attività dedita all'arte, antica o moderna che sia, ne costituisce pur sempre la direttrice principale. La vastità di interessi di un Antiquario presuppone, è vero, la necessità di conoscere in modo non superficiale un campo sterminato di attività artistica, ma da ciò scaturisce il dovere di rapportarsi ad altrettanta numerosa quantità di storiografia e di critica artistica. L'attenzione che oggi si porta ad ogni sfumatura del sapere in campo antiquariale fa si che ci si debba continuamente aggiornare sulle scoperte che vengono fatte via via dalla comparazione stilistica e dalla i ricerca documentaria che possa valorizzare in pieno i vari oggetti. D'altra parte l'esigenza 'sociale' di una diffusione della conoscenza della cultura artistica, come bene necessario alla formazione di cultura e quindi di individui che, consci della propria storia, meglio operino per il loro futuro, ha stravolto insieme alle Università anche un equilibrio generale nel rapporto tra qualità del collezionismo e quantità di operatori commerciali e collezionisti. Già da tempo nei Paesi più evoluti perché più liberi di commerciare, (Inghilterra, Francia ecc.) i mercanti avevano avuto la capacità di mostrare ai propri collezionisti o ai direttori dei grandi musei o comunque agli studiosi il prodotto della propria attività attraverso pubblicazioni che riguardavano la propria attività e la ricerca attenta alla qualità e alla analisi di opere spesso inedite.
Inediti che, proprio per la loro natura di soggetti sconosciuti al mondo degli studi, portano con sé quelle novità che spesso sono necessarie per aggiornare o per modificare il catalogo di un artista. La vitalità del mercato dell'arte, si manifesta con pubblicazioni scientificamente rigorose organizzate sia da studiosi di chiara fama, ma anche da giovani storici che da queste collaborazioni traggono una nuova linfa per la conoscenza. Con questa attività, la spaccatura esistente fino a pochi aiuti fa fra il mondo degli studi e del mercato, ha trovato un terreno di intesa che, se da una parte offre possibilità di lavoro e di conoscenza agli studiosi, diventa anche una forma di procedere che diviene un mezzo obbligato per chi intende operare con serietà nel mondo del mercato dell'arte. Le pubblicazioni, che escono annualmente edite dagli antiquari, sono infinite La Gazzetta Antiquaria ne da conto nell'apposita rubrica dedicata al notiziario. Il costume di offrire, a sostegno di opere esposte nelle rassegne antiquarie, una pubblicazione che le illustri con argomentazioni sostenibili, è divenuto un tratto normale e questi cataloghi sono una autentica miniera per la conoscenza. Di questo apporto i più sensibili osservatori del mercato artistico, ne registrano con soddisfazione l'evoluzione e contribuiscono a fare crollare diffidenze e luoghi comuni secolari.
A pieno titolo gli antiquari partecipano dunque al processo evolutivo di un'opera sconosciuta legando il loro nome per sempre alla loro scoperta, e non è cosa da poco, se si pensa che spesso in cataloghi di mostre pubbliche italiane, ai prestatori antiquari, raramente viene concessa la citazione del proprio nome, perché questo fatto potrebbe lasciare intendere sospette intese con il mercato e, si badi bene, che questo trattamento viene riservato solo ai mercanti italiani mentre si citano con evidenza i prestatori, pur antiquari, ma non italiani. Già recentemente abbiamo sottolineato questo uso così provinciale che ancora condiziona alcuni studiosi provenienti dalla Pubblica Amministrazione come se davvero, nonostante ali sforzi degli antiquari italiani di qualificarsi al massimo livello, per scelta di oggetti e serietà di presentazione, essi ricadessero ancora nell'antica categoria dei depredatori creando così una profonda scissura nel mercato internazionale. Questa trascuratezza, che confina con colpevole omissione, ha vissuto tanto a lungo nel pensiero degli opinionisti addetti a legiferare. Pensavamo di averlo superato con la serietà e professionalità espresse in questi ultimi anni con tenacia e determinazione: ma quando ci si accorge che concetti come la “notifica” o il "divieto di esportazione” trovano una applicazione, come in questi ultimissimi tempi sembra essere, in fase di recrudescenza ci domandiamo se le riforme auspicate e promesse siano in realtà avvenute a scapito di una regolarizzazione più moderna del commercio dell'antiquariato.
Ci si dirà che ripetiamo sempre le stesse cose, ma come accade, la lingua batte dove il dente duole e dove pare che gli interventi di cura non siano mai così radicali da produrre un effettivo miglioramento. Speriamo tuttavia che la coerenza, la disciplina, la professionalità orinai dimostrata dagli antiquari italiani diano loro modo di assurgere alle medesime potenzialità dei più favoriti colleghi stranieri.

05.2003