giornalearte

Il tarlo del dubbio

I nostri affanni

A seguito dell’articolo apparso nel numero di febbraio del Giornale dell’Arte riguardante la proposta di pubblicare le opere notificate esistenti in Italia, dobbiamo riconoscere che l’eco suscitata è stata vasta ed autorevole e tale da spingerci a fare delle verifiche con i Soprintendenti italiani per saggiarne gli umori e la disponibilità al progetto. Iniziamo questa carrellata con Cristina Acidini autorevole rappresentante delle Soprintendenze italiane. Le risposte ci confortano vieppiù perché riteniamo di avere toccato un punto estremamente importante della cultura del nostro paese: è inutile parlare tanto di notifiche (e seguitare a farle) quando non si conosce esattamente la quantità delle opere che soggiacciono a questo vincolo e quando anche i medesimi destinatari siano talvolta assolutamente ignari. Ci sembra di capire dalle parole della Soprintendente Acidini una totale disponibilità, ferme restando le implicazioni di legge, le garanzie imposte dalla privacy e soprattutto le autorizzazioni che dal Ministero dovrebbero dare il via ad un’iniziativa così complessa. Ci conforta anche l’opinione della Soprintendente che concorda con noi sulla validità e sull’arricchimento alla conoscenza che questa iniziativa porterebbe. Va inoltre detto che conosciamo la difficoltà di riuscire a denotificare gli oggetti sotto tutela, anche perché l’illuminata disamina di Fabrizio Lemme, riguardo al carattere “dichiarativo” piuttosto che “costitutivo” del provvedimento di notifica, sembrerebbe lasciare poco spazio ad ogni rettifica che pur tuttavia, se ben leggiamo tra le righe dell’articolo dell’illustre giurista apparso nel medesimo numero del Giornale dell’Arte, sarebbe doverosa anche per uscire da questo equivoco che attanaglia il sistema dell’arte. Se dall’esame accurato delle opere che saranno pubblicate apparirà chiaro che talune di esse non hanno più i requisiti per essere sottoposte al vincolo della notifica, occorrerà a questo punto avere il coraggio di affrontare una revisione con spirito sereno e libero da preconcetti o da forme di rispetto nei confronti di chi al momento aveva notificato l’opera. Qui di seguito sottoponiamo alla lettura le domande che abbiamo proposto a Cristina Acidini e le risposte che Ella ha formulato.


Cosa pensa della proposta?
Il catalogo generale delle opere notificate in Italia è certamente una proposta stimolante, che aumenterebbe la percezione e la conoscenza di un universo di tesori d’arte distribuito per la Penisola e di difficile accesso. Sarebbe il catalogo di uno specialissimo museo, capillarmente diffuso e pressoché invisibile.
Ritiene Lei che questa pubblicazione sia un reale strumento di aiuto per gli studi?
Non c’è dubbio che gli studi storico-artistici ne sarebbero avvantaggiati. Inoltre, credo che anche per i proprietari sarebbe motivo di fierezza disporre di studi aggiornati sulle loro opere, tali da valorizzarle nei termini più adeguati.
E’ disponibile a pubblicare le opere notificate dalla Soprintendenza fiorentina?
Certo, purché si renda possibile entro i termini di legge e secondo le direttive eventualmente espresse in tal senso dall’On. Ministro e dagli Uffici centrali, ovviamente d’accordo con i privati proprietari. Esiste presso l’ICCD una banca dati, che è però tutelata della legge sulla privacy e quindi riservata.
Prerogativa essenziale è la integrale pubblicazione di tutte le opere notificate senza preventive censure, per avere una verifica degli orientamenti e dei condizionamenti del gusto.
Una ricognizione delle opere notificate sarebbe anche lo specchio dell’evoluzione dell’apprezzamento critico, nel tempo, di artisti e movimenti. Le opere sono sempre state notificate sulla base della bibliografia esistente all’epoca e delle inclinazioni dominanti: è ben noto ad esempio che per un lungo periodo l’arte del Sei-Settecento è stata considerata di decadenza… concetto largamente superato negli studi, nella tutela, nel mercato.
E’ disponibile in caso di evidenti contraddizioni col corso degli studi a proporre la denotifica delle opere, anche nel caso di applicazione della norma su opere irrilevanti?
Mi permetto qualche riserva sull’ultimo aggettivo: non credo possibile che siano state mai notificate opere “irrilevanti”, così come confino nell’immaginario ipersensibile degli amici antiquari la figura letteraria del “notificatore audace”. So bene invece, e le condivido, quante riflessioni e quanti dubbi precedono l’emissione di un provvedimento che viene percepito come penalizzante. Quindi prima di revocarne uno o più, dovrebbero esser prodotte motivazioni inoppugnabili.
Nell’ipotesi che questa iniziativa le paia proponibile, in che modo dar corpo concretamente a questa iniziativa?
Torno al punto 3: è preliminare a qualsiasi sviluppo un’espressione di volontà da parte dei più alti vertici del Ministero.

Ringraziamo moltissimo la Soprintendente Cristina Acidini per la sua disponibilità e ci proponiamo di continuare la nostra indagine con altri rappresentanti del mondo della cultura e del collezionismo che ci vorranno, con la medesima cortesia, esprimerci la loro opinione.

03.2010