giornalearte

Notifiche, denotifiche ed altre amenità

I nostri affanni

In margine alla XXVI Biennale dell’Antiquariato di Palazzo Corsini di Firenze e’stato organizzato un convegno dedicato alla normativa vigente per la libera circolazione delle opere d’arte in Italia,con la partecipazione di eminenti rappresentanti delle sovrintendenze italiane e con direttori di musei stranieri. In estrema sintesi il problema che è emerso con grande evidenza riguarda la esportabilità dei beni attualmente in Italia e la loro impossibilità di trasferimento all’estero che viene impedita attraverso uno strumento giuridico/amministrativo noto comunemente come notifica. Esso determina la inamovibilità degli oggetti d’arte dal luogo dove sono conservati e non solo se costituiscono un complesso di eccezionale interesse storico artistico, ma anche se rappresentano un interesse particolarmente importante. In parole povere rispetto a vecchie leggi di tutela di per sé già restrittive, in tempi recentissimi si è abbassata di molto la soglia di valutazione di un Bene d’arte. In merito a ciò gli organi di tutela, in un gioco delle parti, recitano perfettamente il loro ruolo, così anche noi abbiamo il dovere di registrare un diffuso malcontento che investe il mondo del mercato dell’arte e del collezionismo privato. La giurisprudenza amministrativa considera l’apprezzamento storico artistico del bene sottoposto alla notifica, come una cospicua valorizzazione anche economica, ma la realtà, invece, giocata sulla nostra pelle, ci autorizza a parlarne con responsabilità e cognizione di causa, in quanto un Bene vincolato trova difficilmente un acquirente, perché è mal tollerata la disciplina che regola il movimento del Bene, non solo quando venga esportato per esposizioni o mostre richieste dall’estero, ma soprattutto quando gli spostamenti dell’opera avvengono su territorio nazionale per ragioni di restauro o semplicemente per farlo esaminare ad un possibile cliente: occorrono, infatti, ben trenta giorni di tempo per avere un’autorizzazione a tali operazioni. Anche se il tema di un equo indennizzo nel caso di notifica di un bene culturale è già stato proposto e rifiutato ci sentiamo in dovere di insistere perché in Francia ciò accade (da ricordare il caso del Van Gogh, a cui era stata vietata l’esportazione; il proprietario ha richiesto ed ottenuto dal tribunale un indennizzo milionario). Anche se non nutriamo molte speranze che ciò avvenga in Italia, pur tuttavia siamo certi che una simile minaccia potrebbe auto disciplinare i funzionari che troppo facilmente ricorrono alla notifica. Peraltro valutazioni anche autorevoli a tale proposito sono state espresse nel corso di tavole rotonde, tenute in passato sempre nell’ambito delle Biennali, in cui si è teorizzato che un Bene ormai da tempo tolto dal proprio contesto originario può essere conservato presso un collezionista di Milano, come presso una dimora a Monaco di Baviera o a Lisbona, purché ne sia nota l’ubicazione e la storia, che ne consentirebbero una facile tracciabilità nel caso che l’opera fosse richiesta per mostre o per approfondimenti culturali. La cronaca recente ha sottoposto all’attenzione del pubblico più vasto un caso che ben si collega a quanto finora scritto: la Commode, opera dell’ebanista francese di corte Antoine-Robert Gaudreaus. Il mobile è arrivato in Italia dall’Egitto nel 1962 e ne è stata rilevata a sufficienza e con molta attendibilità la mancanza di collegamento con la stipetteria italiana del secolo XVIII per cui è stata concessa la denotifica e il Bene è stato autorizzato per l’esportazione. La liceità dell’operazione è stata però messa in discussione da Salvatore Settis che ha paventato in seguito a ciò, il desiderio da parte del Ministero di smantellare e di svendere “opere perché non italiane”. Dobbiamo esprimere la nostra sorpresa per queste paure che tuttavia ci premuriamo di annullare ricordando, invece, quanto detto precedentemente e cioè della difficoltà quasi assoluta di esportare oggetti d’arte. Non vorremmo che l’allarmismo gratuito desse fiato a chi per predisposizione ideologica considera tutto ciò che è artistico in Italia di inderogabile proprietà dello Stato; né d’altronde possiamo condividere l’aver sottolineato il possibile precipitarsi, sulla preda disarmata, di avvoltoi (nientemeno!!!) in veste di mercanti e legulei, accostando così la nostra categoria, che pur si distingue per correttezza e competenza, con coloro che sono considerati verbalmente il peggio degli operatori del Diritto. L’Associazione Antiquari d’Italia, del resto, in occasione della Biennale d’Antiquariato di Palazzo Venezia a Roma nel 2004, aveva organizzato come mostra collaterale l’evento intitolato “Ritorni” in cui figuravano opere riportate in Italia dai mercanti italiani, Beni di grande interesse e di d’importanti autori, senza dimenticare la quantità di opere che hanno arricchito le raccolte d’arte di musei, fondazioni e collezioni private provenienti dall’attività degli antiquari.

12.2009