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Palazzo Corsini e il trionfo dell’arte italiana

I nostri affanni

La conclusione della XXVI Biennale dell’Antiquariato di Firenze ha mostrato una certa soddisfazione negli espositori che con alquanta trepidazione, ma con grande speranza, avevano affrontato l’incognita di un evento che poteva rappresentare uno spartiacque estremamente significativo per il futuro dell’antiquariato. Il grande successo della Mostra ha diradato i dubbi che al di là degli umani desideri davano agli antiquari una incertezza abbastanza preoccupata. Non crediamo che tutti i problemi del mercato dell’antiquariato siano di colpo superati, siamo però convinti che l’evento del cinquantenario abbia dato a tutti il senso del valore del proprio lavoro e della certezza che la qualità, la tenacia, l’attenzione, la serietà siano indispensabili per il proseguimento di un’attività comunque esaltante. Se analizziamo più nel profondo le ragioni di questo successo possiamo ritenere che esso sia dovuto ad un grande sforzo collettivo del mondo dell’antiquariato. Il Comitato Organizzatore ha ben lavorato promuovendo iniziative collaterali che hanno riportato la Biennale al centro dell’universo dell’antiquariato: il Comitato di Accoglienza promosso e coordinato dalla Contessa Livia Branca di Romanico, la Marchesa Bona Frescobaldi e la Contessa Rezia Miari Fulcis ha portato a Firenze personalità della società internazionale, sicuri ambasciatori della Biennale nel mondo. La splendida Mostra dei coralli trapanesi allestita da Pier Luigi Pizzi con il generoso prestito degli oggetti estensi da parte di Mario Scalini e di quelli del Bargello da parte di Beatrice Paolozzi Strozzi, restaurati con il contributo della Biennale, ha stupito i visitatori per la straordinaria qualità e rarità dei pezzi esposti. Molto interesse ha suscitato anche il Convegno nell’Auditorium del “La Nazione” dal titolo “Libera circolazione dei beni culturali tra realtà e leggenda” cui hanno partecipato relatori internazionali e Soprintendenti italiani, coordinati da Cristina Acidini e da Angelo Tartuferi. A questi ultimi va la nostra profonda riconoscenza perché la Mostra non avrebbe il tono internazionale che ha assunto senza le due commissioni, fiorentina e romana, incaricate della concessione degli attestati di libera circolazione: in questa edizione su 350 richieste ne sono state concesse 347. Nei due giorni precedenti l’inaugurazione il lavoro è stato intenso e tutti i funzionari dell’Ufficio Esportazione con in testa Andrea Gulizia hanno lavorato con grande competenza e solerzia. Oltre ai premi per la migliore scultura e la migliore pittura dovuti alle sponsorizzazioni di Gimmo Etro e Palazzo Tornabuoni il premio alla carriera quale inventore di una metodica documentaristica d’arte a Folco Quilici ha costituito il clou delle manifestazioni. Ma la straordinarietà della Mostra si è andata manifestando attraverso la qualità delle opere esposte e dalla capacità degli espositori di rappresentarsi nel modo migliore possibile. Questa è stata in definitiva la carta vincente di una manifestazione che ha riscosso anche tra i colleghi un plauso incondizionato, rendendo valida l’affermazione fatta dalla rivista Class, prima della Mostra, che collocava la Biennale di Firenze al secondo posto tra le eccelse mostre di antiquariato nel mondo, ma prima in assoluto per l’arte italiana. Ci piace riportare le parole di un espositore storico di Maastricht, il londinese Whitfield, il quale afferma “la Biennale di Firenze è ormai come Maastricht, siamo veramente sorpresi: anche la clientela è davvero internazionale”. Una bella risposta a chi avverte “il persistere di un certo provincialismo” !
In questa isola felice dove la bellezza è stata la protagonista assieme alla qualità e all’attenzione scientifica delle annotazioni, in questa isola dove protagonisti sono gli antiquari, a metà strada come sono tra la loro natura di mercanti e la loro fantasia di artisti che capiscono e amano le opere come se fossero loro stessi gli autori, in questa ambizione di avere il quadro o la scultura più belli, in questa bellissima gara su chi ha lo stand più raffinato, in queste giornate di intense visite e di grandi contatti, talvolta produttivi, l’esaltazione comune sembra proiettare la manifestazione in un mondo assolutamente lontano da invidie e miserie di ogni sorta. Tuttavia non possiamo non annotare con non poco dispiacere che all’interno di questa comunità apparentemente armoniosa e tesa al raggiungimento di un risultato, che dovrebbe essere a tutto vantaggio dell’intera categoria, si annidino interessi che deviano l’attenzione dalla Biennale verso manifestazioni di personale intraprendenza. Il disappunto di queste manifestazioni è stato percepito all’interno della Biennale con grandissimo fastidio. Il fatto veramente importante dei giorni che andavano dal 24 settembre al 4 ottobre era la Biennale che, non bisogna dimenticare, è il frutto di due anni di lavoro di colleghi che volontariamente prestano il proprio tempo per la realizzazione di questo evento e di portentosi investimenti finanziari. Accodarsi a questi sacrifici cercando di trarne dei vantaggi del tutto personali è oltremodo disdicevole e contrario ai principi elementari dell’etica professionale. Per il futuro sarà bene ricordare, ai partecipanti alla Mostra fiorentina, di astenersi di organizzare inaugurazioni di mostre o convivi nei giorni che istituzionalmente la Biennale dedica alle proprie celebrazioni. Perché questa unità di intenti sarebbe un ulteriore dimostrazione di forza e di attaccamento alla nostra Mostra. Distrarre in qualche modo i collezionisti, i giornalisti, gli studiosi in genere è un danno che si reca non solo all’immagine della Biennale nel suo insieme, ma praticamente a tutti gli espositori presenti. Approfittarsi del lavoro di tanti colleghi ci sembra perciò veramente inammissibile e tale da ritenersi in aperta ostilità con l’Associazione.

11.2009