giornalearte

Boh?

I nostri affanni

Ringraziamo il Direttore Generale per la cortesia che ha avuto nel rispondere alle nostre domande: ci rendiamo conto delle enormi difficoltà che in questo momento il Paese, e quindi il Ministero, hanno di affrontare talune criticità che a noi paiono autentiche emergenze. Le risposte sono correttamente riferite all'attuale situazione legislativa; auspichiamo tuttavia che in futuri incontri, possiamo ancora raggiungere convenienze adeguate alle necessità che sono improrogabili, per continuare a sperare di far sopravvivere il mercato dell'antiquariato.
In questi ultimi anni la disciplina in materia di beni culturali ha subito profondi cambiamenti; come mai, invece, il Ministero pur avvertendone la necessità non ha mai preso in considerazione la revisione degli indirizzi di carattere generale fissati nella circolare n. 2718 del 1974, ai quali ancora oggi gli Uffici Esportazione devono attenersi?
Il Ministero per i beni e le attività culturali, attraverso la Direzione generale competente per materia (attualmente PaBAAC), ha avviato da molti anni il dibattito sugli indirizzi di carattere generale circa il rilascio o il rifiuto dell’attestato di libera circolazione previsti dall’articolo 68, comma 4 del decreto legislativo 42/2004 recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Sono stati coinvolti tutti gli Uffici esportazione attivi sul territorio nazionale e i tecnici del nostro Ministero competenti per materia. La discussione è stata portata anche all’attenzione del Comitato tecnico scientifico per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico. Prova ne sia l’istituzione, con DDG del 1° dicembre 2011, di un Gruppo di lavoro propedeutico alla redazione dei criteri di indirizzo sulla circolazione internazionale (esportazione).
Il controllo all’esportazione è sempre stato esercitato senza tenere conto del valore economico obiettivo dell’opera o oggetto d’arte e con ricorso a criteri di assoluta discrezionalità da parte degli Uffici Esportazione. Secondo noi andrebbero introdotti elementi che limitino tale discrezionalità. Lei cosa ne pensa?
Non ritengo di poter accettare l’accusa di chi contesta l’assoluta discrezionalità delle valutazioni. Tra i primi obiettivi di chi fa tutela di beni culturali, e quindi del nostro Ministero, è prendersi cura non solo delle opere ma anche dei diritti di tutti coloro che operano nel settore. Fare tutela non coercitiva, ma operativa è alla base del nostro mandato. Una obiettiva valutazione economica dei beni in transito presso gli uffici esportazione è stata oggetto di una speciale attenzione come ha dimostrato il mio impegno personale nel dotare tutti gli Uffici di uno strumento che utilizzano anche molti antiquari e case d’asta. Si tratta di un abbonamento a una banca dati delle opere passate in asta denominato “ArtPrice”. Utilizzare lo stesso strumento di chi esercita il commercio antiquario ci è sembrata un’operazione di trasparenza reciproca.
Se ad un oggetto presentato all'esportazione veniva negata l'esportazione, il presentatore dell'opera poteva ricorrere ad un grado di giudizio successivo: quello del comitato di settore. Ciò accadeva fino a poco tempo fa. Oggi, dopo lo scioglimento del comitato di settore, la presentazione di un oggetto all'ufficio esportazione è soggetta ad un unico giudizio, quello insindacabile del Ufficio periferico. Non le sembra che in questo modo venga meno il diritto del proprietario dell'oggetto di ricorrere ad un grado di giudizio superiore in mancanza del quale viene leso un diritto fondamentale?
L’attuale “vacanza” di organi consultivi come i Comitati tecnici rischiava di compromettere la continuità dell’azione amministrativa. Pertanto con la circolare n. 41 del 6 agosto 2012 del Segretariato ho fornito alle Direzioni tecniche gli strumenti per procedere comunque nella loro attività. Il decreto legge 95/2012 stabilisce infatti che “a decorrere dalla data di scadenza degli organismi collegiali (Comitati compresi) … le attività svolte dagli organismi stessi sono definitivamente trasferite ai competenti uffici delle amministrazioni nell’ambito delle quali operano”. Ciò vuol dire che le Direzioni generali e regionali, ciascuna nelle rispettive competenze, devono adottare, nelle more di un chiarimento normativo sui Comitati, tutti gli atti per cui la normativa prevede il parere consultivo dei Comitati stessi.
Capita che gli Uffici Esportazione per avere pareri sulla qualità delle opere presentate si rivolgono a storici dell’arte esterni all’Amministrazione; pareri che risultano essere determinanti per il rilascio o meno degli attestati di libera circolazione. A nostro avviso tale atteggiamento pare inopportuno e contrastante con i principi della riservatezza e della privacy poiché, in alcuni casi tali professionisti hanno contatti diretti o indiretti con il “Mercato”. Non ritiene pertanto che sarebbe più consono utilizzare le competenze dei funzionari del Ministero, che certamente non mancano e sono sicuramente adeguate, senza la necessità di aiuti esterni?
Ritengo che i tecnici attivi nell’Amministrazione beni culturali siano altamente qualificati e quindi in grado di esprimere pareri adeguati. Ciò non toglie che in casi davvero straordinari sia ammissibile un consulto di “luminari”. Questo naturalmente nel più totale rispetto dei diritti di ogni cittadino su cui l’Amministrazione, come ho già detto, vigila con attenzione.
L’introduzione del S.U.E. avrebbe dovuto rendere più celere il rilascio degli attestati di libera circolazione. Dopo circa due anni, dopo un avvio promettente, le procedure non hanno avuto l’esito sperato poiché per avere l’attestato, anche nei casi di giudizio favorevole da parte dell’Ufficio Esportazione, gli antiquari sono costretti ad aspettare i canonici 40 giorni, senza considerare le attese per far esaminare l'opera in uscita. Cosa pensa di questo atteggiamento che a noi pare anacronistico e in definitiva punitivo?
Il SUE, che ormai conoscono bene tutti gli operatori del settore, è stata una sfida importante per l’Amministrazione, soprattutto in termini di impegno umano e finanziario. Oggi direi che questa sfida possiamo considerarla vinta. Va precisato che il SUE non ha mai potuto sostituirsi al legislatore per ridurre un tempo procedimentale che la norma fissa a 40 giorni. I nostri sforzi puntano comunque alla riduzione delle attese da parte del cittadino, prova ne sia la lettera circolare (prot. n. 15233 del 25.5.2012) che la Direzione generale PABAAC ha inviato a tutti gli uffici territoriali per richiamare l’attenzione non solo sulla durata del procedimento ma anche e soprattutto sui tempi di attesa per la cosiddetta “visita”, cioè l’esame da parte della commissione di storici dell’arte dei beni in esportazione. Ulteriore riprova dell’interesse che l’Amministrazione nutre verso l’ottimizzazione del servizio offerto ai privati cittadini è stata un’operazione molto importante e delicata. Si tratta del trasferimento di gestione dell’Ufficio esportazione di Roma dalla Soprintendenza archeologica del Lazio alla Soprintendenza speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Roma. A nostro avviso il cambiamento offrirà una maggiore efficienza perché incardinato a una Soprintendenza che gode di strumenti tecnici e finanziari più adeguati. La nuova Soprintendente del Polo Romano, dott.ssa Daniela Porro, ha dato prova in questi anni di grande efficienza come Dirigente della Tutela nella Direzione generale PaBAAC e Direttore dell’Istituto per la demoetnoantropologia, riportando fra l’altro a livelli competitivi strutture come il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari. Alcuni Uffici Esportazione nel rilasciare l’attestato di libera circolazione, ignorando le dinamiche del mercato, modificano al ribasso i valori dichiarati. E’ inutile dilungarsi sull’imbarazzo che tale decisione provoca al mercante, ma le chiediamo come mai gli Uffici non rispettano la legge che li obbliga ad esprimersi solo sulla congruità o meno del valore? In Francia un semplice timbro esonera il direttore dell’ufficio Esportazione dalla responsabilità di confermare il valore dichiarato dal proprietario del bene esportato. La Francia ha sicuramente un ordinamento diverso da quello italiano perché i presupposti della tutela sono molto diversi. Riguardo alla questione del valore, vorrei chiarire che la norma impone agli Uffici esportazione di accertare la congruità del valore. Quando il valore è congruo non ci sono modifiche alle cifre, se al contrario il valore non è adeguato i tecnici devono indicare una cifra diversa. E’ per questo che ai fini della migliore trasparenza possibile abbiamo scelto di usare ArtPrice di cui abbiamo già detto.
Lei avrebbe nulla in contrario ad aumentare la durata degli Attestati di Libera Circolazione da 3 a 5 anni ed eventualmente a rendere rinnovabili tali documenti come avviene per i certificati di avvenuta spedizione? Questo continuo spostamento di opere comporta spesso costi onerosi per privati e piccole aziende che oggi versano in grandi difficoltà.
Anche in questo caso sarebbe necessario l’intervento del legislatore poiché il - prevede che l’attestato di libera circolazione abbia durata massima di 3 anni. Limite cronologico che mi sembra adeguato anche alla luce dei progressi sempre più veloci che compiono gli studi specialistici. I 5 anni delle temporanee (certificati di avvenuta spedizione o importazione) non hanno nulla a che fare con la ratio dell’attestato perché garantiscono il diritto di chi porta in Italia un bene per brevi periodi in esenzione dai doveri imposti dal Codice. Sappiamo bene che molte temporanee si sono poi trasformate in definitive visto che ci sono beni in temporanea anche da 40 anni. Ritengo inoltre che l’attestato vada richiesto quando il bene deve uscire dall’Italia e non in via preventiva, in questo modo non sarebbe necessario far uscire e rientrare il bene. Se il privato fa scadere l’attestato in Italia è comunque suo diritto chiedere un nuovo attestato come spesso accade.
Attualmente il certificato di spedizione temporanea deve essere “scaricato” in occasione di eventuali uscite del bene dal territorio nazionale: è ipotizzabile che lo stesso documento consenta in un futuro prossimo la circolazione delle opere in ambito comunitario per la durata dei suoi 5 anni?
Ci stiamo muovendo per agevolare l’attività dei privati in questo ambito. La Direzione generale PaBAAC ha infatti inoltrato all’Ufficio legislativo del Ministero un quesito perché l’attestato di libera circolazione a scarico di temporanea totale o parziale possa avere valore di documentazione idonea a certificare l’ingresso lecito di un bene sul territorio italiano. Non solo, nello stesso quesito si è chiesto anche di utilizzare l’attestato a scarico per il libero ingresso o la libera uscita da e verso la Repubblica.
La semplificazione amministrativa è uno degli obiettivi di questo Governo. In quale misura il Ministero dei Beni Culturali ha accolto le direttive del Governo?
In “grandissima misura” nel senso che stiamo smaterializzando il cartaceo e velocizzando al massimo le procedure rendendole sempre più accessibili al cittadino. La firma digitale è un ulteriore passo avanti che, nel caso di SUE, ci permetterà di dialogare online con i privati.

01.2013