giornalearte

di Marco Grassi

Lettera da New York

I nostri affanni

Fino ai primi anni '60, New York era una città, per tanti versi, abbastanza provinciale: lo era nelle sue strutture urbane, nelle consuetudini sociali dei suoi cittadini, e lo era senz’altro e sopratutto per quei sfortunati Europei costretti a viverci - nella sua povertà gastronomica. Tutto questo è cambiato certamente per il meglio. Purtroppo, invece, l’ambiente antiquario di allora, ricco di operatori colti, cosmopoliti e intraprendenti, si è assottigliato drammaticamente. La moneta del regno era l’arte antica Europea e le case d’asta (una ‘grande’ e tante ‘piccole’) lavoravano essenzialmente all’ingrosso rifornendo questi antiquari. Sulla mitica 57th Street si allineavano schiere di gallerie, alcune con le proprie sedi in veri e propri palazzi: French & Co., Knoedler, Hammer, Seligman, Newhouse – sono nomi ormai decisamente tramontati. Fa' eccezione, forse, solo la Wildenstein che sopravvive tuttora nella sua reggia Luigi XVI grazie alle proprie poderose risorse finanziarie e il leggendario inventario di Impressionisti.
La New York di oggi è una città ormai immensamente più internazionale e poliglotta, dove si crea, si vende, e si colleziona ancora moltissima arte…. ma è arte prevalentemente moderna… e Americana. Chi cerca la vecchia Europa deve aspettare quell’unica settimana l’anno, a Gennaio, quando le case d’asta (ora due, e colossali) e le poche gallerie specializzate (forse sei-sette rimaste) scendono in piazza a far mercato. È un rito che si ripete anche a Londra, sebbene in due turni: Luglio-Dicembre. E ogni anno, nonostante tutto, è sempre una sorpresa accorgerci della grande quantità, qualità e varietà di materiale offerto e dell’interesse ed entusiasmo che questo suscita. Si parla addirittura di un ‘ritorno all’antico’, frase particolarmente cara agli ottimisti; o forse a coloro che l’antico non l’hanno mai abbandonato! Fatto stà che il settore ha vissuto anche questo Gennaio una settimana di vigorosa e positiva attività.
Le due case d’asta sono da trent’anni le protagoniste della kermesse; ognuna con strategie leggermente diverse, ma immancabilmente con qualche lotto di assoluto primo piano. Come spesso qui a New York, la Sotheby's ha esordito con un catalogo più nutrito, anche perchè includeva sculture e ‘arti minori’ che la Christie’s abitualmente serba per Londra. La minuscola e deliziosa Annunciata presentata senza esitazioni come Simone Martini era certamente il pezzo che ha attirato più attenzioni alla Sotheby's, raggiungendo facilmente la sua stima alta di quattro milioni. La provenienza Stoclet e la preziosità dell’immagine (non, purtroppo, in ‘piena pelle’) hanno contribuito al solido ma non strabiliante risultato, mentre il vero gioiello della vendita ha quasi quadruplicato la stima di un milione e mezzo: una tavoletta di Fra Bartolomeo con un San Gerolamo inginocchiato in un paesaggio assolutamente paradisiaco, e, per di più in perfetto stato. C’è voluta una procacissima Lucrezia di Cranach per battere, ma di poco, l’ascetico San Gerolamo. La sorpresa della vendita è stata la cifra spropositata (più di cinque milioni) raggiunta da un tondo ‘Botticelliano’, ma presentato aggressivamente con piena attribuzione; un quadro di composizione ripetuta e con una superficie sapientemente ‘rieducata’….ma tale è la magia del nome! Invece, rarità e allure dell’artista non hanno salvato un bozzettone del Barocci, né il dipinto in copertina, una tipica e ben conservata natura morta di Van Huysum – il primo, da anni sul mercato e la seconda, forse stimata troppo, a più di cinque milioni.
Il caso ha voluto che anche il dipinto scelto dalla Christie’s per la propria copertina sia rimasto invenduto. L’attribuzione certamente meritava attenzione: Hans Memling. Infatti, opere dei grandi maestri fiamminghi del Quattrocento sono considerate assolute perle nere, se non altro per la loro grande rarità. Il proprietario del piccolo tondo con Madonna e Bambino lo rimetteva in vendita dopo un’acquisto abbastanza recente da un antiquario di Londra. Anche se raggiunta, la stima di più di sei milioni non lo avrebbe del tutto risarcito….ma pare che l’astuto venditore si sia fatto coprire da una lauta garanzia! Il che è riprova che, talvolta, i grandi nomi abbagliano anche gli infallibili astaioli. Altro vistoso invenduto dalla Christie’s è stato un curioso dipinto ‘ribaltabile’ dell’estroso e rarissimo Arcimboldo. Raffigurante una tipica sua natura morta ‘antropomorfica’, in questo caso, leggibile nei due sensi. Il dipinto non era certamente un’inedito, essendo stato presentato alla fiera antiquaria di Maastricht per lo meno due volte negli anni scorsi.….altra ‘bruciatura’ a suon’ di milioni. Ma questi insuccessi altro non servono che a riconfermare la competitività del mercato e l’attenzione che gli addetti ai lavori dedicano alla disamina dei lotti più significativi. La stessa vendita ha, invece, premiato (a più di due milioni) un vigoroso schizzo a olio su tavola di Rubens, incredibilmente rimasto fin’ora ignoto alla critica. Ricco ed interessante, il catalogo Christie’s, anche per i dipinti Italiani dei primi secoli. Bellissimo, in particolare, il frammento di una predella con due Santi attribuito al cosiddetto ‘Maestro della Misericordia’; inedito ed intonso, lo rivedremo quasi sicuramente a Maastricht al doppio dei cinquecentomila raggiunti in asta. Inoltre, era notevole per conservazione e vivacità di colori, un cassone dello ‘Scheggia’, stimato ottimisticamente (sei-ottocentomila), ma che, comunque, ha quasi raggiunto la meta desiderata. La palma delle due tornate d’asta è, poi, toccata ad una teatrale composizione ‘alla Veronese’ di G. B. Tiepolo, aggiudicata a quasi sei milioni. Oltre alla tipica, briosa esecuzione – ma non magistrale invenzione – il dipinto vantava, fra la provenienza, un nome tristemente noto: quello di Hermann Göring.
Come di consuetudine, le gallerie, a turni serrati, hanno ‘ricevuto’ durante tutta la settimana, con mostre a tema oppure con novità di rilievo. È sempre un frenetico andirivieni di collezionisti, curatori di musei, specialisti e curiosi vari, favorito quest’anno da un tempo davvero primaverile. Forse la più coerente delle rassegne è stata quella dedicata alle ‘sanguigne’ raccolte da Didier Aaron – tutte del ‘700 Francese e di notevole qualità, mentre nell’ambito dell’alta epoca, Blumka, in collaborazione con Böhler di Monaco di Baviera, ha proposto sculture e oggetti d’arte davvero da wunderkammer. Fabrizio Moretti non ha mancato di fare onore a Firenze, non solo con una selezione di opere di discendenza dal mitico De Carlo, ma con un'anconetta di scintillante bellezza e conservazione dello Starnina. Invece, proprio alla porta accanto, nella sede dell’‘Olandese’ Naumann, si è brindato al ritratto di Rembrandt e altre primizie d’oltralpe…..con pizza….e casse di Tignanello. Atteso appuntamento, ormai tradizionale, è stato in casa, anziché in galleria, del doyen dei mercanti d’arte di New York, Richard Feigen. Non mancava nessuno. C'era imbarazzo di scelta non non solo per l’ottimo buffet Cinese ma, sopratutto, per la diversità delle opere d’arte raccolte in decenni dal padrone di casa: dal magnifico Turner sul caminetto, al Seicento Bolognese nell’ingresso, ai Max Beckmann per le scale e, finalmente, ai cimeli del Trecento Toscano sparsi ovunque nella sala da pranzo. Sempre imprevedibile e avventuroso, Feigen ha portato quest’inverno in galleria una interessante mostra organizzata a Londra dal collega Sam Fogg: dipinti del Quattrocento Tedesco, un genere ritenuto fra i più ostici e meno ‘commerciali’. Eppure è stata forse questa sorpresa dell’insolito che ha premiato l’iniziativa col successo che meritava.
Gian Enzo Sperone è un’altro noto gallerista che ha giuocato ‘fuori campo’. Alla smagliante nuova sede della sua Sperone -Westwater Gallery, disegnata da Sir Norman Foster, e dove normalmente si propongono artisti contemporanei d’avanguardia, si sono potuti ammirare una trentina di ritratti e autoritratti dal ‘500 al '800 – un vero e proprio faccia-a-faccia attraverso i secoli. L’ardito contrasto col contemporaneo non ha mancato di affascinare e sbalordire perfino la scafatissima Roberta Smith, critica del New York Times. ‘Ritorno all’antico’? Vedremo. Se è vero che la Sperone - Westwater, al Bowery, è chilometri dalla elegante 57th Street, e anni-luce dalle gallerie che una volta la popolavano, è altrettanto vero che l’arte Europea antica continua a trovare risorse culturali ed economiche inaspettate per riproporsi sul mercato di New York. Quest’ultima settimana di Gennaio ne e’ stata la prova.

03.2012