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Leonardo Piccinini

Avere una buona cera

Il caso Zumbo

Rem tene, verba sequentur dicevano gli antichi; nel caso di Andrea Daninos scripta sequentur! Antiquario, collezionista, storico dell’arte, uomo di gran gusto, si dedica da molti anni con grande serietà e passione allo studio della scultura in cera. Mi piace ricordare tra i suoi scritti recenti l’edizione da lui curata della Storia del ritratto in cera di Julius von Schlosser, la mostra veneziana intitolata come il presente articolo, lo studio sul busto di cera, il saggio sul sublime Francesco Orso. E’ uno specialista della materia, non poteva dunque non occuparsi, con grande sensibilità e approfondita ricerca, del “più grande ceroplasta della sua epoca, […] che portò la ceroplastica a esiti mai raggiunti prima”: Gaetano Giulio Zumbo. 1656-1701. Un ricco volume, edito da Officina Libraria, di utilissima lettura anche in vista della prossima riapertura (a febbraio) di uno dei gioielli del patrimonio artistico italiano, il fiorentino Museo della Specola (chiuso dal 2019). In quella straordinaria collezione le opere di Zumbo occupano un posto di assoluto rilievo, celebrate da innumerevoli viaggiatori, da Goethe a Herman Melville. “Cette idée bizarre est l’ouvrage d’un Sicilien nommé Zummo[…]On porte naturellement la main au nez sans s’en apercevoir” scriveva nel 1775 quel simpatico vizioso del marchese de Sade. Ma Daninos scava a fondo nel cercare di ricostruire con la maggior esattezza possibile vita e opere di Zumbo, senza credere troppo al mito e alle leggende oscure che da sempre circondano la fama di questo pioniere delle cere anatomiche, un genere che verrà poi perfezionato nelle varie officine bolognesi, fiorentine ed europee. Non pensate troppo a Frankenstein e ai suoi esperimenti, ma Mary Shelley, in quella strana estate piovosa del 1816 sul Lago Lemano, aveva sicuramente in testa qualche cera vista in giro…