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C'era una volta...

I nostri affanni

La Biennale des Antiquaires nasce a Parigi nel 1961, due anni dopo la Biennale Fiorentina di Palazzo Strozzi e non nel 1956, come abbiamo letto sul Corriere della Sera che recensiva la mostra. La pagina che il giornale milanese ha dedicato alla rassegna parigina, parla solo della presenza di gioiellieri contemporanei: in realtà tale è lo spirito di questa XXVI edizione con aggiunta di molti stand dedicati all'Art Decò e all'arte etnica, oltre a numerosissimi stand di arte moderna o contemporanea, sia nella scultura che nella pittura. Girellando fra gli stand abbiamo incontrato Pier Luigi Pizzi, che fu il geniale inventore della cittadella dedicata agli antiquari nell'edizione del 1992 sempre al Grand Palais. Gli abbiamo esternato la nostra delusione, sia per l'allestimento che per i partecipanti, che modificano lo spirito storico della manifestazione francese, andando ad occupare spazi più prossimi al lusso che non all'arte antica. Abbiamo rivolto al Maestro Pizzi alcune domande per avere il suo pensiero a riguardo.
Qual'è la Sua impressione sull'insieme degli espositori riuniti sotto le volte del Grand Palais, per dare vita a questa Biennale?
Provo l'impressione di una diffusa confusione dei valori, condivisa con tanti amici, fra i quali alcuni storici dell'arte, incontrati al vernissage.
A quale tipo di clientela si rivolge questa Biennale?
Penso si rivolga ai collezionisti, ma anche ai curiosi ed ai presenzialisti di eventi mondani.
Questa strategia di orientare la mostra verso la gioielleria contemporanea, a quali conseguenze può portare nei confronti dell'arte antica?
L'orientamento va verso i ricchi e soprattutto i nuovi ricchi e incoraggia l'idea del lusso.
Così stando le cose, possiamo continuare a considerare questa Biennale una mostra di antiquariato e quale rapporto continuerà ad esserci tra il mondo dell'antiquariato e la clientela che verrà a visitare mostre come queste, attratte dalla prospettiva di vedere gioielli moderni di grande valore?
E' riduttivo continuare a chiamare questa Biennale " des Antiquaires". Forse si dovrebbero alternare biennali di antiquariato e di moda.
Questa edizione della Biennale porta con sé un'altra novità, difatti gli organizzatori hanno accolto le richieste di numerosi antiquari minori collocandoli in una sezione a parte. Ci è sembrata questa una maniera di allargare il campo a espositori che nulla aggiungono alla qualità della Biennale. Qual'è la Sua opinione?
Si danno nuove opportunità, che non portano niente di nuovo, mentre altri prendono le distanze. Nicolas e Alexis Kugel restano a casa loro, esibendo alla folla di estimatori una strepitosa collezione di oggetti preziosi e rari nel contesto superbo della loro Galleria.
Fanno lodevole eccezione taluni espositori ancorati a moduli tradizionali. Ci può indicare gli stand che maggiormente l'hanno colpita in questo percorso, diciamo tradizionale?
Senza dubbio la grande tradizione è presente grazie alla competenza e alla passione di Christian Deydier, di Jean Gismondi, di Steinitz, di Didier Aaron, di Sarti.
Ho molto apprezzato l'omaggio che Kremaer ha reso a Riesener, il grande ebanista di Marie Antoinette.
Presenti in questa XXVI edizione due antiquari e un gallerista italiani: abbiamo avuto modo di apprezzare lo stand di Voena + Robilant con un mix azzeccato di dipinti antichi e contemporanei, con una composizione in vetro di Jeff Koons, due splendidi Morandi e la notevole natura morta della pittrice Anne Vallayer – Coster, raffigurante “Busto di Minerva con emblemi militari”. Anche Fabrizio Moretti presentava opere di grande rilievo come la rara tavola di Angelo e Bartolomeo degli Erri raffigurante il “Festino di Erode”. Presente anche, come dicevamo, il gallerista fiorentino Roberto Casamonti con opere che spaziavano da Picasso a Basquiat, ma ci piace ricordare la bellissima tela di Marino Marini raffigurante un “Cavallo Rosso”.
Anche dalle impressioni di Pier Luigi Pizzi, abbiamo la conferma che se vogliamo continuare a manifestare il nostro desiderio di creare una cultura del bello antico, dobbiamo proseguire sulla strada della grande qualificazione degli espositori e degli oggetti esposti. Per questo la Biennale di Firenze si pone come la più importante manifestazione che riguarda il gusto e l'arte italiana. La sua importanza è pari a Maastricht, le è seconda soltanto per la quantità di oggetti e la varietà di tipologie che le possibilità di mercato internazionale le consentono, grazie soprattutto a norme di tutela realmente liberali.

10.2012