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di Marco Riccomini

In memoria del Maestro Giuseppe Latini (1903-1972)

Un disegno del Maestro del Ricciolo inganna ancora e passa in asta in Germania come opera del Settecento veneziano.

Chi era mai costui, alcuni di voi si domanderanno. Era maestro, e maestro eccome, tanto che suoi disegni, che imitavano lo stile d’un fantasioso Settecento, si sono spesso meritati nomi di mani illustri del passato. La lista sarebbe lunga, e vi è già chi ci si è cimentato (ce ne sono persino due al British Museum, dono di un celebre antiquario). Eppure, nonostante le precisazioni critiche, c’è ancora chi scambia il falsario per artista di secoli fa. Accade così che in questi giorni passi in un’asta transalpina un foglio che raffigura antiche rovine romane, si vuole del Settecento veneziano. Sul sito del museo londinese si racconta l’aneddoto di un collezionista di disegni di fine Settecento (tale John Barnard, detto Jacky) che, sperando di destare l’attenzione del conoscitore cui stava mostrando la sua raccolta (lo scultore Joseph Nollekens), si sentì rispondere che i suoi disegni erano uguali a quelli che aveva visto da poco fare a Roma, sotto i suoi occhi. La reazione del collezionista, che si piccava di intendersene (come del resto non pochi fra quelli che ho conosciuto), fu di sdegno; e per tutta ricompensa lo scultore venne cancellato dal suo testamento (John Thomas Smith, Nollekens and his times, Londra 1895, p. 299). A me toccò sorte simile (ossia di essere messo alla porta, per l’eredità era mancato il tempo di entrare in confidenza) quando, non molti mesi fa, fui chiamato ad esprimermi su un intero album di vedute, tenuto in gran conto. La mano era quella del celebre Latini, battezzato “Maestro del ricciolo” per come girava la penna alla fine d’ogni tratto. Alcuni fogli apparvero poco dopo in asta a Prato, come opera di “Anonimo romano del XIX secolo”, e le loro magre aggiudicazioni la dissero lunga su chi di noi avesse ragione. Ritrovarne all’incanto sulle rive del Reno dovrebbe, quindi, muoverci a sorpresa e farci dire: “Qual maraviglia!” Macché; quella era l’espressione di stupore d’un altro Latini, quel Brunetto che Dante mise e ritrovò all’Inferno (canto XV, v. 24). Chissà che non esista anche un girone per i somari: ci ritroveremmo tanti amici (e qualche nemico), un giorno che si spera per tutti lontano.
 
P.S. Dopo aver scritto questa paginetta mi sono accorto che in asta sulle rive del Baltico passerà a giorni un disegno con una Battaglia di cavalleria, ancora di mano del Latini. Stavolta, però, gli attenti scrutinatori svedesi, accortisi dell’inghippo, lo hanno cautamente catalogato come della Maniera di Joseph Parrocel. Evviva!