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di Marco Riccòmini

SALON DE PRINTEMPS

Gli antichi Salon parigini erano pur sempre esposizioni di arte contemporanea, ricordate?

Mentre gli odontotecnici di tutto il mondo si danno appuntamento in agosto a Tallin (accolti da un enorme molare in policarbonato laccato di bianco), il congresso internazionale dei glottologi si tiene a San Daniele del Friuli (per via della prossimità con la comunità germanofona di Timau). Gli amanti dei disegni, invece, si ritrovano a fine marzo al Salon du Dessin di Parigi. A dispetto della pioggerella che scendeva da un cielo cupo (e della città in assetto da guerra, tappezzata di bandiere nere-gialle-rosse, in solidarietà coi recenti fatti di sangue in Belgio), l’atmosfera all’interno della fiera era effervescente, come se per una sera l’ex palazzo della Borsa fosse tornato per incanto alla sua vecchia funzione di piazza di scambi e di commerci. Il merito stava nello sfoggio di alcune novità (sebbene la definizione di «miniera di capolavori» di Le Figaro sia eccessiva), premiato da una mistura ben studiata tra antico e moderno tale da appagare anche l’occhio dell’esteta. Ai retroguardisti, che lamentano come la percentuale degli Old Masters sia ridotta oramai a un terzo dei fogli esposti, bisognerà far notare quanto il mondo sia cambiato ultimamente, che è in fondo la sua bellezza. Perché accade, almeno sotto questo tetto di vetro e di cristallo, nel rispetto dei materiali e della tradizione, ove chi prende in mano una matita, ieri come anche oggi, ha ben chiaro cosa lo aspetta, alle sue spalle. Dopotutto gli antichi Salon parigini erano pur sempre esposizioni di arte contemporanea, ricordate?