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di Marco Riccòmini

LAND ART FOREVER

Utopie. Imprenditoria e valorizzazione del paesaggio italiano. Un ciclo di incontri nel Labirinto di Franco Maria Ricci.

Se un giorno lontano, passate guerre e carestie, nel pieno fervore del Rinascimento euroasiatico, una missione archeologica kazaka, scavando nel suolo argilloso del bacino alluvionale padano, rinvenisse le fondamenta di un labirinto eptagrammato si interrogherebbe sul suo antico culto. I libri saranno oramai scomparsi e i pochi a sopravvivere entro teche pressurizzate saranno guardati come oggetti misteriosi. Così per comprendere il significato del ritrovato maze nei pressi di un borgo anticamente noto come Fontanlè (nella parlata del luogo) ci si affiderà al confronto con altri esempi di cui si conserverà memoria: Cnosso, tra tutti. Sul culto non si giungerà a nessuna conclusione, sebbene reperti quali busti in marmo di Carrara e la carcassa di un’auto sportiva alimenteranno le più varie congetture. Si penserà – forse non a torto – che, come l’intrico costruito da Dedalo sull’isola di Creta, anche questo fosse il parto di una mente visionaria e nascesse non per far smarrire chi vi si avventura ma per porre interrogativi e sollecitare risposte. In questi giorni, sul palcoscenico del labirinto edificato col bambù presso Fontanellato dall’editore e collezionista Franco Maria Ricci, si avvicendano a parlare alcuni illuminati imprenditori italiani. Il loro merito, tuttavia, non sta tanto nell’aver avuto successo nei loro affari quanto piuttosto nella volontà di intervenire sul territorio in cui operano. Esempi di recupero di antichi borghi o fattorie per migliorare i luoghi di lavoro (e con essi anche l’umore di chi ci lavora), secondo l’idea utopica che dal Bello nasca il Bello. Land Art forever.